policoro
  Il supermarket
 

"Mi raccomando, Anselmo, scegli bene" disse il padre. "Ogni sabato ne acquisti cento, eppure non pare che tu faccia progressi. Ricorda che più ne usi, più avrai successo nella vita." " Sì papà" borbottò Anselmo ed uscì per andare al supermarket delle parole.

Vi andava ogni sabato, quando i genitori gli davano la settimana. Quei soldi, non li sperperava in gomme, gelati, giornalini, videogame, li spendeva tutti là. Viveva infatti in un paese nel quale le parole si acquistavano e soltanto quelle comprate si potevano usare. Nel supermarket c'erano tutte, come nel vocabolario, divise per genere nei vari reparti, e a disposizione degli acquirenti, c'erano dei commessi competentissimi, maestri e maestre in grado di dare qualsiasi consiglio. Appena entrato, Anselmo si ritrovò in un reparto nel quale risuonava la musica classica: era quello delle parole rare, frequentato soprattutto da poeti e scrittori, che indugiavano a pescare negli scaffali termini eleganti e raffinati come: umbratile,perspicuo,serafico.. Ma figuriamoci se Anselmo intendeva sprecare i soldi in parole simili.

Proseguendo,attraversò un reparto arredato in rosa, quello degli aggettivi per i complimenti, nel quale un giovane, rivolto ad una maestra-commessa, stava mormorando imbarazzato " Ne vorrei una dozzina.." " A chi deve dirli?" chiese la maestra-commessa. " Ecco...li vorrei...dovrei dirli..." il giovane arrossì.

" Ho capito. Che te ne pare di affascinante,deliziosa,avvenente? Ma se mi descrivi com'è la tua ragazza, potrei essere più precisa.." Ad Anselmo venne un sorrisetto di compatimento, gli sembrava ridicolo usare aggettivi simili. Arrivò in un reparto con gli scaffali colmi di verbi. I giovani e le ragazze amanti dell'avventura vi facevano provvista di verbi come trasvolare, pilotare, immergersi, navigare; quelli più sensibili acquistavano fantasticare, gioire, contemplare.. Gli adulti, invece, preferivano risparmiare, accumulare, indebitarsi, riposare.. Ad Anselmo neanche i verbi interessavano e, neppure le parole del reparto attiguo, nel quale venivano diffusi inni militari e musiche di film di Superman. Lì, i clienti erano quasi tutti giovani che indossavano bluse di cuoio con borchie metalliche e stivaletti da marine. Era il reparto delle parole aggressive e negli scaffali si trovavano parole come cazzotto, schiaffone, bomba, mitragliatore, mercenario. Solo dei maniaci, pensò Anselmo, potevano fare acquisti lì.

Un rock vivacissimo veniva da un reparto lampeggiante di luci. Un maestro-commesso in jeans e scarpe sportive, parlava al microfono con l'accento esotico di certi disc-jockey. " Come on, boys!" diceva. " American parole, garantite, appena arrivate dagli States. Se volete essere okey, rifornitevi qui!" In quel reparto si vendevano parole americane: Hi-fi, look, sponsor, love, spot... Andavano a ruba e gli acquirenti, tutti ragazzi e ragazze, indossavano magliette con scritte in inglese, masticavano gomma e non facevano che dire okey. " Sono proprio scemi." mormorò Anselmo, " che gusto ci proveranno a parlare in quel modo." Lui le parole le voleva italiane. Mentre proseguiva gli si avvicinò una maestra-commessa. " Posso aiutarti?" gli chiese gentilmente. " Quali parole cerchi?" " Sono cavoli miei" borbottò Anselmo. " Capisco" rispose quella senza meravigliarsi. " L'ultimo reparto in fondo a destra." Ma l'indicazione per Anselmo era superflua: quel reparto avrebbe saputo trovarlo ad occhi chiusi; ci andava ogni settimana. Come al solito lo trovò assai affollato, soprattutto da ragazzi. Per prima cosa controllò se c'erano dei nuovi arrivi, poi cominciò la scelta, rovistando meticolosamente in tutti gli scaffali.

Indugiò a lungo, provando le parole una per una. Di quel reparto era espertissimo: era quello delle parolacce. ce n'erano di ogni tipo: colorite, a doppio senso, esplicite, di cattivo gusto, offensive, stramaleducate, aggressive..  Ne scelse venti, dei veri capolavori. Costavano carissime, ma non si preoccupò che gli fossero rimasti solo pochi spiccioli per acquistare le altre ottanta. Come sempre le avrebbe prese nel reparto nel quale si vendevano le più economiche, quello delle parole sbagliate, con gli errori di ortografia o di pronuncia. Con poche lire se ne potevano avere addirittura a chili; le acquistava chi non dava importanza al parlare o allo scrivere bene. Naturalmente ad usarle si facevano delle brutte figure. A scrivere eccezzionale, palonbo, aqua, squola, solfo, equale,baliore, gli insegnanti si arrabbiavano e ti riprendevano severamente se dicevi latidante o pissicologia.

 Ma ad Anselmo essere rimproverato dagli insegnanti e prendere brutti voti, non interessava. Gli importava molto di più la considerazione degli amici: nessuno sapeva infatti tante parolacce quanto lui. Quando sfoderava il suo repertorio, lasciava tutti a bocca aperta. Mentre tornava a casa gli vennero in mente i genitori.

 "Speriamo che non mi rompano le scatole con le solite menate" pensò. " Che hai comprato, fammi sentire...porca vacca, si facessero i cavoli loro..." Ma tornò subito di buonumore pensando agli amici: " Lunedì a scuola farò un casino. Con queste nuove parolacce li farò schiattare tutti d'invidia, quei fregnoni..."

 
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