policoro
  Il matrimonio
 
La guerra contro i Sassoni fu assai dura, ma si concluse in pochi giorni con un completo successo: i nemici lasciarono sul campo centinaia di morti e i superstiti furono costretti a riparare precipitosamente sulle loro navi per salvare la vita. La vittoria inoltre lasciò nelle mani di Artù uno splendido bottino, che egli divise equamente con i suoi vassalli. Sei giorni dopo lo scontro, il re partì verso la Carmelide, seguito da Merlino, da San, da Sohor e da molti valenti cavalieri. Fuori dalle mura di Carohaise gli venne incontro con un gran seguito Leodagan, che entrò nella città cavalcando a fianco del futuro genero. Le strade della capitale, gremite di folla festante e con i muri delle case interamente rivestiti di stoffe multicolori, presentavano uno splendido colpo d'occhio.

Il corteo sfilò lentamente, acclamato dal popolo. Nel cortile della reggia Ginevra attendeva colma d'emozione il prossimo sposo, circondata da giovani dame di compagnia. Quando vide il fidanzato varcare insieme al padre la soglia del portone, non seppe più trattenersi e, dimenticando il rispetto delle convenienze, che le avrebbero imposto un contegno più austero, si lanciò verso di lui. Artù, a sua volta, balzò dal cavallo e le corse incontro. I due giovani si abbracciarono e si baciarono davanti a tutti, ma nessuno pensò che il loro comportamento fosse da rimproverare. Merlino sorrise, perché si stava adempiendo ciò che egli aveva visto nelle stelle da lungo tempo. Il matrimonio fu fissato per la settimana successiva. Il giorno stabilito, tutti i gentiluomini del regno, oltre a quelli del seguito di Artù, si riunirono a corte. La grande sala del trono, dove si sarebbe svolto il banchetto, era stata addobbata in modo splendido: i pavimenti erano ricoperti di erbetta fresca e verdissima, e dovunque erano disseminati fiori dal profumo inebriante; il sole, che penetrava attraverso le ampie finestre, ravvivava i colori e rallegrava gli animi.
Ma la grazia di Ginevra oscurava tutto quanto di bello vi era quel giorno: i lunghi capelli biondi incorniciavano il perfetto ovale del suo viso, la cui luminosità era ancor più accresciuta dal cerchio d'oro che circondava la fronte, nel quale erano incastonate gemme purissime che gettavano attorno rapidi bagliori. Il suo abito nuziale, intessuto di fili d'oro, rifletteva i raggi del sole, al punto che dove la fanciulla passava sembrava che una magica luce si diffondesse. Artù non si saziava di guardarla e pensava che era valsa davvero la pena di affrontare tanti pericoli, se quell'essere angelico era il premio delle sue fatiche. Finalmente il corteo si avviò verso la chiesa: a due a due tutti i cavalieri, le donzelle e i borghesi della città seguirono i fidanzati e i loro amici e parenti più stretti. La cerimonia fu solenne, come si addiceva al lignaggio degli sposi; l'arcivescovo stesso cantò la messa, mentre spettò al cappellano di corte benedire il matrimonio. Al termine della funzione religiosa, tutti i nobili si trasferirono nel palazzo reale per prendere parte al banchetto, che fu degno di una simile occasione. Molta era l'allegria dei convitati, che commentavano le loro più recenti imprese di guerra o parlavano dei loro amori; in qualche caso fra le graziose damigelle di Carmelide e i giovani cavalieri di Bretagna nacquero rapide simpatie. Solo Artù e Ginevra sembravano non prendere parte al generale divertimento: i loro sguardi appassionati e il disinteresse che non si curavano di nascondere per ciò che accadeva attorno a loro rivelavano con tutta evidenza la natura dei loro pensieri.

Quella festa, che per tutti era splendida, sembrava loro non avere mai fine. Come a Dio piacque, il banchetto si concluse e passò anche il pomeriggio, fra splendidi giochi ed esercizi di bravura dei più valenti cavalieri; venne la sera e durante la cena, altrettanto ricca che il pranzo, l'atmosfera continuò a essere gioiosa e galante. Finalmente tutti i cibi furono consumati e le ultime conversazioni si spensero. Gli sposi presero congedo dagli invitati e si ritirarono nei loro appartamenti. Ginevra venne accompagnata da tre damigelle che, dopo averla aiutata a svestirsi, uscirono dalla stanza ridendo piano tra loro. Artù, seduto sul bordo del letto, attendeva con impazienza che la consorte lo raggiungesse.
 
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