policoro
  Gli amanti vengono scoperti
 
Lancillotto trascorse molti anni alla corte di re Artù, al servizio del quale compì gesta che nessuno prima di lui aveva tentato. Grande fu la gloria che seppe conquistare e grandi gli onori che ricevette, ma ogni sua impresa, nel segreto dell'animo, egli continuò a dedicarla a Ginevra, la donna a cui era legato da un sentimento così forte che mai alcun uomo ne aveva provato uno uguale. E la regina, che lo ricambiava di altrettanto amore, era assai orgogliosa di essere l'ispiratrice di tante prodigiose avventure. Il  loro legame, tuttavia, non poteva restare segreto per sempre e furono Galvano e i suoi fratelli, Mordret, Agravain, Guerrehes e Gaheriet, ad accorgersene per primi.

Un giorno essi stavano discutendo di ciò che avevano scoperto, allorché Artù si trovò per caso a passare vicino a loro e, sentendo pronunciare il nome della regina, si fermò ad ascoltare senza che essi lo vedessero. Non poté ben comprendere che cosa stessero dicendo, ma si rese conto dal tono delle loro parole che si trattava di qualcosa di molto serio. Si avvicinò ai cinque fratelli e li invitò a esprimere apertamente le loro  preoccupazioni. Galvano che non avrebbe tradito per nulla al mondo la sua amicizia per Lancillotto e che era profondamente devoto alla regina, rispose che non aveva alcuna rivelazione da fare, poi se ne andò, ma i fratelli, incalzati da Artù, ormai in preda a una térribile collera, svelarono il tradimento di Ginevra e Lancillotto. Il re, che non poteva credere a un' accusa così infamante, decise di tendere una trappola ai due presunti adulteri al fine di avere la certezza della loro colpa. Per il giorno successivo organizzò una battuta di caccia, certo che la sua assenza avrebbe spinto la moglie e l'amante ad incontrarsi: se così fosse avvenuto, i due sarebbero stati sorpresi e puniti come meritavano. Le cose andarono proprio come era stato previsto, anche se Lancillotto, scoperto nell'appartamento della regina, riuscì ad aprirsi la strada con le armi e a fuggire. Ginevra rimase però prigioniera e su di lei Artù decise di compiere una giustizia esemplare: il giorno successivo sarebbe stata arsa viva sul rogo. Immediatamente fu preparata una catasta di legna fuori dalle mura del castello e i quattro fratelli di Galvano ricevettero l'ordine di portarvi la regina e di sorvegliarla fino al momento dell'esecuzione. Essi obbedirono, ma poco prima del tramonto dalla vicina foresta uscì al galoppo un gruppo di cavalieri che si slanciò contro di loro. Era Lancillotto, che con i suoi parenti ed amici veniva a liberare la prigioniera. La battaglia fu breve: nessuno poté resistere alla furia dell'invincibile guerriero, che uccise uno dopo l'altro Agravain, Guerrehes e Gaheriet; soltanto Mordret, con alcuni soldati, riuscì a salvarsi grazie ad una pronta fuga. Quando il re lo seppe, radunò immediatamente tutti i suoi vassalli per guidarli contro Lancillotto che si era rifugiato nel castello che un tempo si era chiamato della Dolorosa Guardia, e che ora veniva detto della Gioiosa Guardia, dopo che lo stesso figlio di re Ban lo aveva liberato dall'incantesimo che pesava su di esso.
A fianco di Artù cavalcava anche Galvano, che, avendo visto i propri fratelli uccisi da Lancillotto, non provava più per lui alcuna amicizia, ma anzi intendeva vendicarsi a tutti i costi.Allorché l'esercito del re fu giunto davanti al castello della Gioiosa Guardia, Lancillotto mandò un messaggero ad Artù per chiedergli di non scatenare una guerra che avrebbe portato soltanto lutti e disonore, ma ricevette una dura risposta: nessuna tregua poteva esservi fino a quando i traditori non fossero stati puniti come meritavano. Allora, pur a malincuore, Lancillotto si apprestò a combattere. Gli scontri furono durissimi e se da una parte Galvano compì prodigi di valore, dall'altra Lancillotto non fu da meno; lo stesso Artù, che nonostante la non più giovane età prendeva parte a tutte le battaglie, si comportò con grande onore. Un giorno, nel corso di una mischia si scontrò con Lancillotto che, dopo averlo sbalzato dal cavallo, anziché dargli il colpo di grazia, gli offrì una nuova cavalcatura. Pur avendo apprezzato un simile esempio di generosità, Artù non volle porre fine alle ostilità se non quando gli giunse dal Papa l'ordine di interrompere una guerra che era una vergogna per tutti i cristiani. Piegandosi alla volontà del rappresentante di Dio sulla terra, il re di Bretagna accettò di togliere l'assedio, a patto però che Ginevra si proclamasse innocente e tornasse da lui; in cambio prometteva che avrebbe rinunciato a punirla e l'avrebbe nuovamente onorata come sua legittima moglie. La proposta gettò nello sconforto sia Lancillotto che la sua dolce compagna, che non avevano alcun desiderio di separarsi, tuttavia essi compresero di non avere alternative: se avessero respinto le proposte del re, sarebbe apparsa chiara a tutti la loro colpevolezza e il nome di lei sarebbe stato disonorato per sempre. Fu così che essi accettarono di separarsi, senza sapere che non si sarebbero mai più rivisti.
 
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