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Sulla cima delle alte montagne nevose, in un asilo di pace e di beatitudine, detto Valalla, vivevano a quei tempi gli Dei del popolo germanico: Odino, dio delle battaglie, Loghe dio del fuoco, Donner dio delle tempeste, le Dee Erda e Freia e Votan il padre e signore di tutti gli Dei. Figlie di Votan erano anche le immortali vergini Valchirie, fanciulle bellissime e indomabili che, cavalcando bianchi cavalli, si compiacevano di prender parte alle guerre e raccoglievano dal campo di battaglia gli eroi caduti combattendo, per trasportarli nel Valalla dove ricevevano il premio del loro valore.
Un giorno avvenne che in un castello sulle rive del Reno, durante una festa di nozze, i convitati videro entrare nella sala del banchetto uno strano mendicante avvolto in un logoro mantello, col volto nascosto da un cappellaccio a larga tesa; se non che gli occhi chiari e scintillanti come gemme tradivano in lui la divinità. Mentre tutti lo guardavano stupefatti, il mendicante trasse da sotto il mantello, una spada e, conficcatala con forza in un grosso ceppo, esclamò: Chi saprà trarla dal ceppo, avrà la spada più forte del mondo Detto ciò scomparve: era il Dio Votan. Tutti i presenti si provarono uno dopo l'altro, a trarre la spada dal ceppo, ma nessuno ci riuscì. Si fece allora innanzi un giovanetto sconosciuto. Sigmundo, e quasi senza sforzo, liberò dal il ferro dal legno e la spada fu sua. Essa portava inciso il proprio nome sull'impugnatura: si chiamava Dolore. Da quel momento Sigmundo diventò il cavaliere più prode di tutto il popolo tedesco; quando egli aveva la spada Dolore in pugno, nessuno riusciva a vincerlo. Il giovane si mise allora in cerca di gloria e di difficili imprese; difendeva gli oppressi, proteggeva le donne e i fanciulli, vendicava le prepotenze e i soprusi.Una giovane e bella donna, Siglinda, si innamorò di lui, lo sposò e, non volendo separarsi mai da lui, lo accompagnò nelle sue errabonde imprese, dividendo con lui i disagi e i pericoli. Un anno dopo le loro nozze furono allietate dalla nascita di un bel bambino a cui misero nome Sigfrido. Sembrava che per Sigmundo e Siglinda la felicità dovesse essere eterna e senza nubi. Invece un brutto giorno Sigmundo venne in contesa con un Re Barbaro al quale Votan aveva concesso la sua protezione. Il povero Sigmundo, così giovane e bello doveva essere sconfitto e morire.
Una delle Valchirie, la bella Brunilde, ebbe compassione di lui e, trasgredendo gli ordini paterni di Votan, lo soccorse pietosamente durante il duello, scampandolo per ben due volte alla morte.Se non che, Votan,al cui sguardo divino nulla sfugge, si accorse dell'aiuto di Brunilde e prontamente intervenne per ristabilire il suo volere sovrano. Brunilde fu allontanata e al terzo assalto, la spada Dolore, si spezzò in due: nello stesso istante Sigmundo fu ferito mortalmente dal Re Barbaro. Prima di chiudere gli occhi, l'eroe chiamò presso di sè la moglie Siglinda, che aveva assistito al duello, e con un filo di voce le disse: "Non piangere Siglinda cara la mia morte: é il destino di tutti gli uomini. Conserva la mia spada ancora spezzata in due e, quando Sigfrido sarà grande, gliela consegnerai; egli con essa vendicherà la mia morte e compirà infinite gesta prodigiose che oscureranno le mie. Così dicendo, spirò. Siglinda, affranta dal dolore, dai patimenti, dai lunghi disagi e corrosa da un male occulto, cadde a terra sfinita. Proprio in quel momento, sul limitare del bosco dove era avvenuto il duello mortale, comparve Mime, il fabbro che abitava in una capanna lì accanto: il nano fece di tutto per poter rianimare la povera donna morente, ma ormai destino di lei era segnato e nessun aiuto umano poteva servire. Ella fece appena in tempo ad affidare a Mime il figliolo e i due tronconi della spada, facendosi promettere che avrebbe dato la spada al figlio appena fosse in età di portare le armi. Mime promise tanto più volentieri, quanto più questa promessa era utile ai suoi piani; egli infatti aveva subito pensato di allevare Sigfrido in modo da far di lui un eroe e servirsi del suo braccio per uccidere Fafner e per impossessarsi in tal modo del tesoro tanto gelosamente custodito dal drago.
Intanto, siccome Brunilde aveva disobbedito al volere di Votan, essa doveva essere punita. Tu perderai la tua immortalità di valchiria!" decretò Votan. Hai avuto pietà di un uomo. Ebbene sposerai un uomo e diverrai una donna mortale. Ma perché almeno l'uomo che ti sposerà sia degno di te, io ti addormenterò dentro un cerchio di fiamme in un incantesimo di fuoco; solo l'eroe che oserà varcare l'incendio potrà risvegliarti e farti sua sposa. Così dicendo Votan con le lacrime agli occhi, la condusse sulla cima di un altissimo monte; e lì invocato l'aiuto di Loghe, dio del fuoco, fece sorgere tutto intorno a Brunilde un'alta muraglia di fiamme, mentre si addormentava per chi sa mai quanti anni.
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