policoro
  Il treno Cinciallegra
 
A Cinciallegra, nel lontano paese di Chivalà, il treno si fermava sempre molto volentieri, perché la stazione era una graziosa casetta dal tetto rosso; c'erano molti fiori nei vasi alle finestre, e nel piccolo giardino ai lati della casa, una fontanella e un grandissimo tiglio che a primavera mandava un profumo dolcissimo, tanto che il treno se lo portava dentro fino a trenta chilometri di distanza. E poi, su quel tiglio, vivevano moltissimi allegri passeri.
Per queste ragioni il treno amava fermarsi a Cinciallegra: parlava un po' con tutti, respirava aria fresca e profumo, e ripartiva più contento. Bisogna sapere, però, che alla fermata di Cinciallegra scendevano e salivano solo pochissime persone: a volte due, più spesso una, molto spesso nessuna. Un giorno il direttore della Ferrovia disse a Carlone, il macchinista del treno: - Carlone, è inutile far fermare il treno a Cinciallegra, quando nessuno deve scendere o salire. Mettiamo un campanello nella carrozza, e se qualcuno deve scendere suonerà, e se il campanello non suonerà il treno non si fermerà. - E per quelli che devono salire? - chiese Carlone, che era un po' triste, perché anche a lui piaceva
molto fermarsi a Cinciallegra, a scambiare due parole con Egildo, il capostazione. - Se vedrai qualcuno che aspetta, il treno si fermerà, e se non vedrai nessuno, il treno non si fermerà, - rispose il direttore, deciso. Carlone doveva obbedire: quando il campanello non suonava, o non c'era nessun viaggiatore ad aspettare, il treno non si fermava, perché quelle erano le regole. E Carlone era triste, ed erano tristi la stazioncina, e i fiori, il tiglio, la fontanella e i passeri. Era triste anche Egildo, naturalmente, perché non poteva parlare con l'amico macchinista. Anche il treno era triste: ma non si poteva fermare, perché Carlone non toccava il freno. Quelli di Cinciallegra, dopo parecchia tristezza, si misero a parlare, a ragionare, a inventare: ed ecco quello che accadde. Ogni volta che il treno era in arrivo, uno dei passeri del tiglio gli volava incontro, entrava nella carrozza e col becco suonava il campanello. E così, anche se non c'era nessuno che doveva scendere, Carlone tirava il freno, e il treno si fermava: perché le regole erano quelle.

Ma quando, per qualche ragione, come un forte temporale, o un forte vento, i passeri non potevano volare? Il treno si fermava lo stesso, perché Egildo aveva coltivato due aiuole in modo tale che, da lontano, sembravano due persone in attesa del treno: e Carlone si fermava, perché quelle erano le regole. Così nella piccola stazione di Cinciallegra ricominciarono le chiacchiere, i sorrisi, gli incontri: e passeri, fiori, uomini, fontanella, tiglio, capostazione erano contenti, e siamo contenti anche noi. 
 
 
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