policoro
  I vestiti di Marianna
 
C'erano due gemelle, uguali come due gocce d'acqua: però una era una goccia dolce, l'altra era una goccIa amara. La gemella dolce era Marianna, quella amara era Annamaria. Annamaria era prepotente. Quando aveva voglia si prendeva i vestiti e le scarpe della gemella, che le andavano bene, perchè erano esattamente della sua stessa misura. Dammi le tue scarpe. Mi metto il tuo cappotto. Oggi voglio i tuoi guanti diceva. Marianna non protestava, perche era una bambina pacifica e paziente, ma i suoi vestiti non erano contenti: perche erano molto affezzionati a lei, e soffrivano quando Annamaria se li prendeva. 

Una sera, nell'armadio, ci furono bisbigli: i vestiti di Marianna tenevano consiglio. Cosa bisbigliavano quelle voci di lana, seta e cotone. 
Chi lo sa. Chi legge e ascolta lo saprà. Il giorno dopo, al momento di vestirsi, ecco la solita tiritera. Dammi quel maglione disse Annamaria. Mi piacciono le tue calze. Voglio mettermi il tuo cappotto e la tua cuffia. Marianna, come sempre, diede alla sorella quello che voleva, e cercò altri vestiti per uscire. Tu dove vai chiese Annamaria quando uscirono in strada. Di qua, rispose Marianna. E io vado di la disse Annamaria, e si avviò tutta contenta.

Non aveva fatto dieci passi che, in perfetto silenzio, le stringhe delle scarpe si slacciarono e si annodarono in fretta tra loro, come sottili serpentelli. Pataspan, Annamaria fini distesa per terra, sbucciandosi il naso. 
Arrabbiatissima si alzò, si sistemò i lacci delle scarpe, e si rimise a camminare. Non aveva fatto sette passi, che l'ultimo bottone del cappotto si slaccio di colpo, e un asola si infilò al gancio di un cancello. Pataspreng! Annamaria fece una mezza giravolta, e andò a sbattere con la faccia contro l'inferriata, sbucciandosela tutta. Strillando infuriata, si sganciò dal cancello e ricomincio a camminare: ma non aveva fatto tre passi che il pon pon della cuffia, mentre passava sotto un balconcino, si allungo rapidamente, infilandosi in una fessura di ferro. Pataslam! Annamaria fece una mezza capriola verso l'alto, sbattendo contro il pavimento del balcone, e ricadde sul duro del marciapiede, che le fece molto male.

Quella fu la passeggiata più disastrosa e dolorosa che Annamaria avesse mai fatto. Quando tornò a casa era la bambina più ammaccata della città. Restò a letto due giorni, e dormì molto, perché quando dormiva sentiva di meno il dolore delle botte. Faceva sempre uno strano sogno: inseguiva la sorella, che scappava davanti a lei. Corri e corri, non riusciva mai a raggiungerla. La chiamava, furibonda, e la sorella si voltava: e allora Annamaria vedeva che la sorella non c'era, ma erano solo i suoi vestiti, che si agitavano come se ridessero e la prendessero in giro. Annamaria si svegliava, e restava molto confusa. Ma dopo il terzo sogno, capì. - Non ti ruberò più i vestiti, - promise alla sorella, e davvero lo fece. E siccome le gentilezze sono attaccate una all'altra come le ciliegie, da dispettosa diventò quasi gentile, e fu più felice lei, e tutti quelli che le stavano intorno.
 
 
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