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La Natività in Austria è annunciata da potenti squilli di tromba dall'alto delle cattedrali. L'Austria cattolica vanta la pastorale più celebre e più cara: Still Nacht, che noi conosciamo come Astro del Ciel. Questa meravigliosa canzone fu eseguita per la prima volta nella chiesa di S. Nicola a Obendorf, vicino a Salisburgo. Era la vigilia di Natale del 1818 e Padre Mohor era stato chiamato per battezzare un neonato. Era una sera particolarmente chiara e le stelle brillavano come perle nel firmamento blu.
Il sacerdote fu come toccato da quella pace tranquilla e di getto scrisse quelle parole che sono diventate celebri: Still Nacht Più tardi, un suo amico, il maestro Franz Gruber, scrisse la melodia che si voleva accompagnare con l'organo, ma anche i topi ci misero le code. Le voraci bestioline avevano scombinato la tastiera e per accontentare il buon Padre, Gruber affidò senza troppo entusiasmo la melodia alle corde di una vecchia chitarra. L'effetto fu travolgente e, da quella lontana notte, forse non esiste paese ove non si canti questa dolcissima canzone natalizia. Nel Tirolo, é sempre viva la tradizione dei presepi realizzati con figurine di legno intagliate dai più bravi artigiani. Le ragazze, alla vigilia di Natale, preparano il famoso strudel, un dolce caratteristico a base di frutta e noci e confezionano pacchetti per i poveri che visiteranno il giorno di Natale. I montanari, invece, tornando dalla Messa, portano alle loro bestie il sale benedetto. Gli austriaci sono persone molto delicate e gentili e, ricordandosi di chi non festeggia il Natale in casa propria, illuminano ogni stazione ferroviaria per augurare un gioioso Natale ai viaggiatori.
A Vienna c'é la tradizionale passeggiata al parco pubblico dove i ragazzi e anche gli adulti, distribuiscono briciole di pane agli uccelli. A Salisburgo l'albero e il presepe si allestiscono in maniera del tutto singolare. Una costruzione che raffigura la storia dell'umanità, inizia con l'avvento. Partendo dalla rappresentazione del peccato originale, si va su, giorno per giorno, con rappresentazioni del profeta Isaia, dell'Annunciazione in terra, fino alla nascita del Redentore. A Natale viene deposto il Bambino, mentre la grotta é sormontata da una splendida e lucente stella. L'effetto é fantastico quando tutta questa piramide é illuminata.
Europa Centrale
Il sapere popolare mette in guardia dagli spiriti e dalle streghe che abitano le case e le strade nelle dodici notti di gelo che vanno dal 24 dicembre al 6 gennaio. Secondo una leggenda corrente, è allora possibile incontrare eserciti di fantasmi che vagano, inquieti, in cerca della pace eterna. Per rabbonirli, si prepara loro qualcosa da mangiare, si fa ordine in casa perché non abbiano da lamentarsi, si regolano i conti e si sistemano le questioni di lavoro. Nel Medioevo consigliavano di fare fumenti, facendo evaporare vari tipi di erbe, per scacciarli dalle case e dalle stalle. In Croazia, un metodo raccomandato per individuare e tenere a bada le streghe, anch' esse alacri nel periodo natalizio, è quello adottato durante le celebrazioni religiose, già a partire dalla festa di Santa Lucia: viene messa in chiesa, in fondo al tempio, una speciale sedia, dalla virtù di trattenere l'ospite indesiderata e di liberarla soltanto dopo che tutti i presenti siano usciti e che sia passato qualcuno dotato di un amuleto protettivo.
Dalla mezzanotte di Santo Stefano fino allo scoccare del 31 dicembre, giorno e notte, senza soluzione di continuità, gruppi di ragazzi suonano campanacci per salutare l'anno vecchio lungo le strade dei comuni di montagna. L'abitudine di fare rumore con campane, fucili, raganelle o quant' altro, è comune a luoghi e culture anche molto distanti fra loro; nei villaggi alpini, il rito, mosso da chiari intenti apotropaici, teso cioè ad allontanare gli influssi malefici, si conclude giù a valle, dove le varie compagnie si ritrovano per bussare alle porte delle case nelle ore più impensate e portare a termine l'opera di liberazione dall'anno vecchio. Alla fine, i questuanti vengono invitati ad entrare in casa per assaggiare qualche dolce e riscaldarsi con un tè nero o un buon punch. Nell'attesa del Natale, in casa si preparano le corone dell'Avvento, allestite intrecciando rami d'abete e nastri a quattro candele rosse, una per ogni domenica che precede il Natale; a volte sono fatte di pasta di pane, di paglia o altro materiale. Ma la festa per i più piccoli si svolge il 6 dicembre... quando a scuola e a casa ricevono la visita di San Nikolaus, il quale legge in un registro i nomi dei bambini da premiare con un dono. C'è grande eccitazione per il suo arrivo: il vecchio che viene da lontano ha una parola per tutti i presenti, e ci si .. dispone a riceverlo confezionando i grattima, omini di pasta lievitata da consumare all' ora di cena con burro e marmellata. San Nikolaus è spesso preceduto da un aiutante mostruoso, l Krampus, che terrorizza i bambini di tutta l'Europa centro orientale, distribuendo frustate ai più cattivi. Oltre a San Nikolaus, la cui fama, come abbiamo visto, ha confini assai vasti, un altro santo è associato al Natale ceco e slovacco, per altri versi molto simile a quello degli altri Paesi centroeuropei: San Venceslao, molto venerato in quelle terre, è popolare anche in Gran Bretagna ed Oltreoceano ed è amato per i tanti miracoli che le agiografie hanno tramandato. Fu re di Boemia, l'antica regione a ridosso dei monti Metalliferi. Sotto il suo regno, databile nel X secolo, soltanto una minima porzione della popolazione era cristiana. Famoso per la sua gran fede e per l'esemplarità della condotta, Venceslao cadde vittima di una congiura tramata dal fratello Boleslao, desideroso di sostituirlo alla guida del Paese. Boleslao invitò il re ad una messa solenne, ma, sulla soglia della chiesa, gli tese un agguato, Venceslao, agonizzante, chiese perdono a Dio per il fratello. Questo gesto favorì la nascita di un culto ancora oggi è molto seguito, specie in prossimità delle feste di Natale, quando la carità e la bontà d'animo del re santo vengono portate ad esempio. Tra i racconti che si narrano nelle veglie di fine anno, non mancano mai aneddoti che lo vedono protagonista: si racconta ad esempio che una volta Venceslao, il 26 dicembre, uscì, incurante del gelo, per visitare un povero. D'un tratto, l'aria si mitigò e pare che, sotto i suoi passi, la neve si sciogliesse. La magia che pervade i racconti riguardanti la vita del santo diffonde, oltre agli espliciti inviti alla misericordia, l'immagine di un personaggio potente, capace di dominare il mondo naturale ed in tutto e per tutto vicino agli altri esseri fantastici e temibili che si aggirano nelle dodici notti. In alcune regioni elvetiche ed austriache il Capodanno si celebra il 13 gennaio poiché si segue l'antico calendario giuliano.
Nel 1582, gli astronomi di Papa Gregorio scoprirono un errore di dodici giorni nella misurazione del tempo e stabilirono un nuovo calendario, il gregoriano appunto, che venne adottato in tutto l'Occidente cattolico. Le autorità di molte zone protestanti, però, preferirono conservare il vecchio sistema ed il nuovo calendario fu accolto ufficialmente soltanto nell'Ottocento, ma, anche dopo il provvedimento pontificio, nell' abitudine popolare si continuò a contare le stagioni col vecchio metodo, tanto che ancora oggi è possibile esprimere gli auguri di buon anno fino al 13 di gennaio; dopo porta sfortuna... A Urnasch, nella Svizzera tedesca, la mattina del 13 si snoda tra le case una strana e inquietante processione. Si tratta di uomini che indossano paurose maschere di tre tipi, tutte caratterizzate dal fatto di adoperare elementi vegetali: i naturels sono gli uomini-albero e si addobbano con fuscelli, spighe, fiori secchi, muschio e pigne; i laids, brutti a vedersi, con stracci e pelli di animali, rappresentano una versione imbarbarita dei primi; il terzo gruppo è costituito dai belli, i beaux, che vestono velluto, trine e pizzi. I beaux portano maschere di cartone dalla carnagione rosata ed enormi cappelli che contengono veri e propri paesaggi in miniatura con tanto di decorazioni in legno e cartone a comporre figure ed edifici. Le tre maschere rappresentano una tripartizione del mondo in vegetali, animali ed umani. L'essere uomo è definito attraverso tre delle grandi conquiste culturali della vita urbana: i vestiti ricchi, il colorito rosato e le abitazioni in muratura. Un analogo rito è quello che si ripete sulle Alpi austriache in occasione del Capodanno, che anche qui cade il 13 gennaio.
Protagonisti sono, questa volta, i Perchten, personaggi legati al culto della dea Perchta, equivalente d'Oltralpe della Befana italiana, divinità della fecondità che presiede alla vita e alla morte. I Perchten sono figure ambivalenti: se da una parte rappresentano spaventosi esseri demoniaci, dall' altra simboleggiano la fecondità e la felicità. I buoni indossano abiti bianchi ed alti copricapi di carta. Il diametro dei loro ingombranti cappelli arriva fino a due metri; sono illuminati dall'interno e la luce filtra da numerose finestrelle colorate. I cattivi sfoggiano monumentali acconciature decorate con specchi, nastri, fiori, gioielli e spoglie di animali. La presenza degli specchi in questa circostanza è da considerarsi un ennesimo indizio dello stretto rapporto esistente tra le attuali celebrazioni di fine anno e gli antichi omaggi al sole, affinché esso torni a splendere dopo i rigori dell'inverno. Mandare via l'inverno significa risvegliare e propiziarsi la fertilità. In Engandina il primo di marzo, che secondo il calendario romano era il primo dell'anno, si tiene il chalandamarz, rito in cui i ragazzi si mettono al collo grossi campanacci e li agitano dalla mattina a mezzogiorno. La sfilata rumorosa ha termine con un ballo, durante il quale ciascuno si sceglie la sua amica di chalandamarz... In Germania, verso la metà del secolo scorso, al posto dell' albero di Natale, usava decorare la casa con la piramide, un telaio in legno sormontato da una ruota ad esso perpendicolare, ai cui margini pendevano, figurine di carta dipinta; la ruota veniva messa in moto dal calore prodotto dalle candele accese. Il telaio, attestato particolarmente a Berlino e in Slesia, venne man mano sostituito dall' albero, simbolo stesso del Natale centroeuropeo. L'uso di festeggiare il nuovo anno con un giovane abete risale ai Saturnali romani, durante i quali veniva portato in processione.
L'albero di Natale odierno non è però soltanto il diretto discendente di quell' abete; in esso si esprime un complesso di esigenze di diversa provenienza. È un sempreverde e rappresenta il persistere della vita anche durante l'inverno; le luci e gli addobbi brillanti danno il tributo dovuto al sole; l'abbondanza nelle decorazioni è auspicio di ricchezza; risveglia, insomma, l'insieme delle caratteristiche attribuite all' albero magico, che è, al contempo, metafora dell'uomo, della crescita, della fertilità. Nel mondo germanico, dove pare abbia avuto origine la sua forma attuale, è in ogni casa, decorato con panpepati, figurine di pasta di sale colorata e candeline. Sono forse proprio i biscottini speziati, i panpepati appunto, i dolcetti più caratteristici del Natale nel centro Europa: dalle fogge le più diverse, sono fatti di una speciale pasta, i cui ingredienti fondamentali sono il miele ed ogni tipo di spezia. Ora i panpepati vengono preparati in famiglia all'inizio dell'Avvento, così che possano riposare abbastanza a lungo da prendere il loro pieno sapore ed ammorbidirsi leggermente, ma la ricetta originale, un tempo gelosamente custodita nel segreto dei conventi, ha subito delle modifiche, come l'introduzione dello zucchero, che rende più semplice la lavorazione dell'impasto. Il loro nome ci riporta alla parola leb, che originariamente significava rimedio o farmaco e che ci dà la misura di quanto preziosi fossero considerati. Nel Medioevo, erano le suore a distribuirli, affinché portassero salute, ed erano spesso i monaci nei chiostri a cucinarli. La presenza del miele è dovuta all' antichità di questa miscela; vi sono documenti che attestano l' esistenza di pani speziati già presso gli Egizi, i Greci ed i Romani, popoli che non conoscevano lo zucchero. All' epoca, erano offerti agli dei in sostituzione di sacrifici, ed è per questa ragione, forse, che sono poi rimasti legati ad occasioni di contatto con le divinità e che ripropongono quasi sempre forme antropomorfe. Se la pasticceria natalizia è particolarmente ricca, i pranzi com. prendono invece quasi ovunque gli stessi ingredienti: dagli immancabili wurstel, all' oca o anatra ripiena delle zone germaniche alla carpa farcita o in guazzetto della cucina boema. Un accenno merita la gastronomia croata: la tradizione popolare è vicina a quella balcanica, mentre la tradizione colta è direttamente influenzata dalla cultura austroungarica che ha portato con sé il dolce simbolo del Natale viennese, la Sacher Torte.
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