Anche l'India ha una tradizione musicale antichissima ed estremamente varia nelle sue espressioni. Ogni cerimonia civile e religiosa, ogni intrattenimento sia pubblico che privato, fin dall'antichità erano sempre accompagnati dalla musica. Le composizioni variavano nel ritmo e nelle armonie a seconda del tipo di occasione cui erano destinate. C'erano dunque molti modi di fare musica, ed erano chiamati ragas, cioè colori. La musica aveva sempre un certo colore, ossia esprimeva un particolare stato d'animo: allegro se si trattava di una festa, mesto se l'occasione era triste, variegato e ritmico se era destinata a una danza. Tale era la considerazione della musica presso gli Indiani, che l'invenzione di alcuni strumenti era attribuita agli dei. La stessa dea della sapienza, Sarasvati, avrebbe inventato la vina, un antichissimo strumento che aveva le corde tese su una canna di bamboo sostenuta alle estremità da due zucche.
Da essa deriva il sitar, uno strumento a corde pizzicate che è rimasto in uso fino ad oggi e recentemente inserito anche in alcuni complessi europei di musica rock. Un altro strumento tipicamente indiano è il tabla, costituito da una coppia di tamburi, uno semi sferico in ottone percosso dalla mano sinistra, e l'altro in legno a forma di cilindro, percosso dalla mano destra. L'antico legame della musica con gli elementi e le forze naturali, e il suo potere di ammansire e trascinare persino le bestie feroci, lo si può vedere ancor oggi in qualsiasi mercatino indiano, dove c'è sempre un mendicante che con il suo flautino fa salire dal cesto il serpente. Anche le popolazioni dei paesi più ad Oriente dell'India, come l'Indocina e le Isole Malesi, svilupparono ricche ed elaborate forme musicali, con l'uso di ampi complessi di strumenti. Particolarmente caratteristiche sono le orchestre di Sali, piccola isola presso Giava, tutte composte di strumenti a percussione delle più diverse dimensioni: dai minuscoli campanellini fino agli enormi gong.