policoro
  Grecia
 
Narra la leggenda che Marsia, pastore della Frigia espertissimo suonatore di flauto al servizio della dea Cibele, osò sfidare il dio Apollo inventore della lira. La gara musicale fu vinta dal dio e per punizione il povero pastore venne scorticato vivo. Il racconto mette in luce il contrasto fra il suono sensuale del flauto che allietava le feste e i banchetti, e il suono spirituale della lira che invece accompagnava la poesia e i racconti eroici. I Greci infatti davano alla musica un significato morale e la consideravano molto importante nell' educazione dei ragazzi. Secondo i diversi generi, essa poteva rafforzare la volontà e spingere alle azioni eroiche, o anche curare mali dell'anima come la tristezza e la depressione.

Un'altra leggenda narra di Orfeo, che con il canto e con il suono della sua cetra ammansiva le belve ed era sempre seguito da stormi di uccelli. Quando la sua amata Euridice morì, punta da un serpente, egli la seguì nel regno dell'oltretomba: al suo canto il guardiano dei morti, il gran cane Cerbero, smise di abbaiare; le terribili Erinni, dedite alla sanguinosa vendetta, rimasero stupefatte; e persino gli impassibili giudici dei morti si misero a piangere. In tal modo il divino cantore poté strappare agli Inferi la sua amata. Poi purtroppo, contro il divieto di Ade, dio dell'oltretomba, si voltò a guardarla e la perse di nuovo. Orfeo rappresenta l'ideale della musica greca, che sa toccare i sentimenti più intimi di chi l'ascolta e liberare l'animo dall'oppressione degli affanni. Gli aedi o cantori greci giravano di città in città cantando le storie degli eroi antichi o le strofe dei poeti. Il più celebre è il cieco Omero, cui sono attribuite l'Iliade e l'Odissea. Altrettanto celebri sono i poeti lirici che fiorirono nell'isola di Lesbo tra il VII e il VI secolo a.c.: Alceo, che cantò la libertà, e Saffo, che cantò l'amore. Importanza molto minore ebbe la musica presso i Romani. Qui rimase sempre limitata a scopi pratici, per le funzioni religiose e per il divertimento nelle feste e durante i pranzi.
Uno strumento particolare, ben documentato sulle colonne che rappresentano le imprese militari degli imperatori, era il corno. Pare che i Romani l'abbiano introdotto nelle loro file a imitazione delle schiere germaniche contro le quali per secoli combatterono. Anche i Germani, infatti, riconoscevano nella musica qualcosa di sacro. La voce del corno evoca il profondo della foresta, il sorgere del sole, la caccia, il combattimento.
 
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