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Un giorno il Signore, mentre stava sulla sua solita nuvola ad ammirare gli astri del cielo e si ripeteva, soddisfatto, che gli erano venuti proprio bene, s'accorse di una cosa di cui non s'era mai accorto: che c'era dappertutto un gran silenzio. Ma proprio grande; un silenzio infinito, che riempiva da un capo all' altro tutto l'universo e metteva quasi paura. Il sole girava, le stelle ruotavano, ma non si sentiva il più piccolo suono, nemmeno un briciolo di rumore. Certo, gli ingranaggi funzionano alla perfezione pensò il Signore. Ma questo silenzio. E decise, lì per lì, di fare qualcosa. Chiamò una schiera d'angeli, quelli che non avevano ancora un compito preciso, e disse loro che dovevano suonare. Suonare. Gli angeli non proferirono parola, non avrebbero osato mai davanti al Signore, ma non sapevano da dove incominciare.
Non avevano niente, solo le ali. Ci penso io, disse il Signore sorridendo, e in men che non si dica prese dal sole un fascio di raggi, un altro ne prese dalla luna e dalle stelle, e si mise al lavoro. Piegò, legò, unì, gonfiò, ed ecco un'arpa, poi un violino, una tromba, un tamburello, una viola; insomma, ad ogni angelo diede uno strumento. E siccome gli angeli non hanno bisogno della scuola, subito si misero a suonare; ed era una melodia bellissima, che anche le stelle rimasero incantate e quasi si fermavano. Bene! disse il Signore. Ma non aveva finito di parlare, che una voce sottile domandò: E a me Era un piccolo angelo, di quelli poco importanti che il Signore aveva fatto con i resti delle nuvole. A te Oh, già fece il Signore e subito, con l'avanzo di un raggio della luna, fece una campanella bianca e ci attaccò come battaglio una scintilla di sole. Din din, fece la campanella. Il piccolo angelo la prese e volò via, felice. Ma si sa come vanno queste cose.
Il piccolo angelo la suonava sempre e non badava al suono, ora alto ora basso: volava qua e là, con la sua campanella, e la suonava. Gli angeli musicanti, con le viole e le arpe bene intonate, portarono pazienza per un poco ma poi incominciarono a sbuffare. Non dicevano niente, erano angeli educati, ma soffrivano per quel din din continuo che disturbava la loro melodia. Qualcosa debbo fare» pensò il Signore, ma non sapeva cosa. Passò del tempo, tanto, e gli angeli stavano perdendo la pazienza, quando il Signore trovò la soluzione. Sulla terra vide un villaggio abbandonato, in mezzo alle montagne. Le case erano vuote, era rimasta solo una vecchina con un gatto a tenerle compagnia. La vecchina passava il tempo a sferruzzare una calza lunghissima e a scaldarsi al sole, quando c'era. Ma al tramonto e all'alba usciva di casa per suonare la campana che stava sul tetto appuntito della chiesa.
Don, don La campana suonava e il suono si spargeva tutt'intorno. Ma un giorno la vecchina s'ammalò. Vai disse allora il Signore al piccolo angelo. L'angelo scese, si sistemò sul tetto della chiesa e prese a suonare: una volta la campana della chiesa, una ,volta la sua campanella. Din Don Din Don Poi la vecchina morì, fu sepolta nel cimitero del villaggio, ma l'angelo rimase a farle compagnia. E continuò a suonare. Din, don! Din, don! Da allora le campane suonano tutte cosi, basta ascoltarle.
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