policoro
  Mi chiamo pane
 
La bambina di pane era così buona, ma così buona che a scuola tutti volevano stare in banco con lei. Aveva un buon odore, e sopratutto un buon sapore. E averla come compagna di banco era un bel vantaggio quando ti veniva quella piccola fame di metà mattina e mancava ancora mezz'ora all'intervallo, allora, con la scusa di raccogliere la matita blu che ti era caduta, potevi chinarti e darle un pizzicotto sulla gambetta nuda tra le calze e l'orlo della gonna. Le diceva ahia, ma lo diceva pianissimo, perche era cosi buona che non voleva disturbare la maestra; e tu ti rialzavi tenendo fra il pollice e l'indice un pezzetto di pane morbido, dagli altri e che era perfetto per tappare quella piccola fame aspettando l'ora della merenda vera. Tanto poi a lei il pane e la crostina ricrescevano subito, e quando suonava la campana la sua gambetta era a posto, come prima, come sempre. Lei di merenda portava a scuola un panino fatto come lei, biondino e saporito. E gli altri, quelli che non erano in banco con lei e che non potevano assaggiarla direttamente, gliene chiedevano sempre un pezzetto, perché era più buono della tortina trifarcita e del crostatino di cioccolato che gli davano le loro mamme e che erano comperati al supermercato in confezioni da cinquanta pezzi avvolti uno per uno nel cellophan. Per forza era più buono, glielo faceva il suo papà che era fornaio. Un fornaio così bravo che faceva il pane solo per la famiglia del re. Comunque la bambina di pane,anche se era tanto buona era stufa di sentirsi pizzicare quando il suo compagno o la sua compagna di banco avevano fame. Ormai la classe prima era cominciata da tre mesi, e questo voleva dire che dodici bambini diversi l'avevano già pizzicata e anche sgranocchiata. Lei siccome era buona, non aveva in mente di vendicarsi, non so, morsicandoli un pò o graffiandoli; però era proprio stufa. Anche perché non sapeva mai se i suoi compagni decidevano di sedersi vicino a lei perché era buona o perché era simpatica. Cosi un giorno chiese al suo papà se con la pasta di pane del re poteva farle tutte le mattine molto presto diciannove panini piccolissimi, almeno poteva portarli a scuola appena fatti e darli ai suoi compagni, che erano diciassette, ma lei aveva pensato anche alle maestre. Il papà fornaio prima dovette chiedere il permesso al re, e quando il re sentì la storia della bambina troppo buona sorrise e disse che, certo, essere pizzicati tutti i giorni non piaceva a nessuno, e che capiva, e che permetteva che con la pasta del suo pane venissero fatti dei panini per diciassette suoi sudditi più due maestre, e che queste diciannove persone erano fortunate, perché avrebbero mangiato tutti i giorni il pane del re. A quel punto i bambini non vollero più le merendine del supermercato, i panini erano molto piccoli ma erano cosi buoni che facevano passare tutta la fame del mattino, e se anche ti veniva un pò in anticipo eri contento di aspettare perchè cosi il panino ti sembrava ancora più buono. Invece le maestre, che non volevano ingrassare, i panini li portavano a casa, perché avevano dei bambini e li davano a loro. E la bambina di pane finalmente non fu più pizzicata e si trovo un amica vera, Paola, che si sedeva vicino a lei perche la trovava  simpatica e non solo buona.
 
 
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