policoro
  Il mostro dai 100 occhi
 
Viveva una volta, sempre nei favolosi tempi mitologici, una principessa di nome Io. La fama della sua avvenenza era così grande e incontrastata, che, si diceva, neppure le Dee dell'Olimpo potevano essere così belle.

Giunone, la sovrana dalla bianche braccia e dalla superba bellezza, fu irritata da questo e, per eliminare quella rivale troppo splendente, la trasformò in una bianca giovenca. La relegò in una solitaria prateria e, perché non fuggisse, le mise accanto come guardiano il mostruoso Argo, il quale aveva nientedimeno che cento occhi. Al sorgere del sole, Argo si destava e ne apriva metà, mentre apriva l'altra metà al calar delle tenebre; così non c'era mai pericolo che dormisse compiutamente, perdendo di vista la povera giovenca.Ma Giove non amava che si facessero sulla Terra, neppure dagli Dei, ingiuste ed inutili crudeltà. Chiamò dunque il furbo Mercurio, messaggero alato del Cielo, e gli disse:

Metti in opera tutto il tuo ingegno, alato Dio veloce,ma libera a qualunque costo la povera Io, che Giunone ha trasformata in giovenca. Sarai soddisfatto di me" rispose il Dio astuto. Ho già il mio piano. E preso il flauto, il caduceo d'argento donatogli da Apollo e il casco scintillante, Mercurio si lanciò come una freccia attraverso gli spazi, finché giunse nella prateria dove era relegata la povera fanciulla. Era l'imbrunire e Argo, addossato ad un albero si accingeva a chiudere una metà degli occhi per appisolarsi. Mercurio gli si sedette vicino come se volesse tenergli compagnia, e cominciò a suonare il flauto. Modulò dolcemente le note, con lentezza studiata creò inimitabili carezzevoli canzoni, si dilungò in armonie deliziose, trasse insomma dal suo flauto magico le più snervanti melodie che mai fossero state immaginate.Argo ascoltava rapito. Ma che fatica tenere aperti i cinquanta occhi, con quel torpore che gli dava quella musica divina A poco a poco il capo del mostro si piegò qualche occhio si chiuse a sua insaputa,un letargo invincibile lo prese, finché tutti e cinquanta gli occhi imitarono gli altri e si chiusero in un sonno profondo. 

Mercurio diede un piccolo grido di gioia. Col sonno di Argo l'incantesimo della giovenca era rotto e nella prateria, al posto della giovenca, c'era una splendida fanciulla! Mercurio fu lesto a prenderla fra le braccia e a riportarla al suo regno con indescrivibile gioia. Ma Giunone, quando seppe del tranello teso da Mercurio al mostro, e della liberazione di Io, credette di scoppiare per il dispetto. Punì il dormiglione guardiano, togliendogli ad uno ad uno tutti e cento gli occhi e con essi arricchì di variegati disegni tondi la coda del pavone, l'animale a lei caro.
 
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