policoro
  Dottor Bianco
 
Era un mattino freddo e piovoso. Il dottor Bianco entrò di corsa in ospedale. Si infilo svelto dentro la porta della cucina sul retro. La prima persona che incontrò fu la cuoca. Senza dire una parola, lei prese un asciugamano e gli strofinò la testa spettinata. Dove sei stato? Ti ho messo da parte la colazione, ma faresti meglio a spicciarti, Marco é peggiorato, stanotte. Le infermiere sono gia scese a cercarti. Il dottor Bianco diede due morsi, di corsa al pane imburrato e buttò giù il tè caldo. Senza neanche pulirsi la bocca, sali di corsa le due rampe di scale e poi girò a sinistra, lungo il corridoio.

Diverse infermiere ed alcuni dottori lo salutarono, mentre passava. Il dottor Bianco si fermò un attimo sulla porta prima di entrare. Marco era pallido, teneva gli occhi chiusi e non si muoveva. La mamma gli teneva una mano e, piano piano piangeva. Quando la mamma di Marco vide entrare il dottor Bianco, sorrise sollevata. Il dottor Bianco saltò sul letto e si acciambellò accanto a Marco. Gli leccò la mano per fargli sapere che lui era li. Marco, allora, aprì a metà gli occhi e sorrise. La mamma di Marco era più tranquilla, ora: aveva piena fiducia nella terapia scodinzolina del dottor Bianco. Diede un bacio al suo bambino e accarezzò la testolina del tenero dottor Bianco. Abbi cura di lui gli disse e poi li lascio soli. Giorno dopo giorno il cagnolino bianco visitava i reparti dell'ospedale. Scodinzolava e guardava i bambini con i suoi teneri occhi marroni.

A volte li toccava con il suo nasetto freddo. Sembrava sapere sempre quando un bambino era grave. In quei casi, saltava sopra il letto e si acciambellava vicino vicino. Stava li per ore, leccando loro delicatamente una mano ed agitando la coda. Un giorno, mentre stava facendo il suo solito giro, il dottor Bianco passò accanto ad un uomo con la faccia tutta rossa. L'uomo cominciò ad urlare, rivolto alla caposala " C'é un cane in reparto! C'é un cane!"
La caposala cercò di spiegargli rapidamente: " E' un cane speciale, ha salvato molte vite...". L'uomo, a quanto poi si seppe, era un ispettore e non volle ascoltare una parola di più dalla caposala. Fece immediatamente rapporto. Ormai era ufficiale, il dottor Bianco non avrebbe più potuto visitare i suoi pazienti. Giorno e notte, il cagnolino stava ,accucciato sullo scalino fuori dalla porta della cucina dell'ospedale. Non scodinzolava più. I suoi occhi marroni erano tristi. I bambini sentivano molto la sua mancanza; molti non miglioravano e alcuni peggioravano addirittura. Marco invece era stato fortunato, perché la magia del dottor Bianco l'aveva fatto guarire, ed era già tornato a casa. Diversi mesi dopo che Marco aveva lasciato l'ospedale, l'ispettore tornò. La caposala gli andò incontro all'ingresso. «Immagino che sarà qui per controllare» gli disse sgarbatamente.

«Non deve preoccuparsi: il cane non mette più piede qua dentro... e i miei pazienti stanno male.» Alzò gli occhi sul viso dell'ispettore e vide che le sue guance erano rigate di lacrime. «Sono spiacente...mia figlia è ammalata» disse lui con la voce rotta. «Può venire a darle un'occhiata?» L'infermiera lo seguì lungo il corridoio, fino alla camera della bambina. Stesa sul letto c'era una ragazzina bellissima. Il padre le parlò, ma lei non aprì nemmeno gli occhi. «Per favore, guarisci. Ho bisogno di te" la supplicava mentre le sue lacrime cadevano sul viso della piccola. Ma la bimba restava immobile, non aveva nessuna reazione. Alla caposala tornò in mente Marco, che era ricoverato proprio nella stessa camera. Giorno dopo giorno, il cagnolino bianco si era accucciato accanto a lui e lentamente, come per miracolo, Marco , aveva cominciato a migliorare. Guardò il padre disperato. «Faremo tutto il possibile per sua figlia" disse infine.

Quella notte, la caposala scese in cucina. Aprì la porta sul retro.  Il dottor Bianco era accucciato sullo scalino. I suoi occhi erano tristi, ma le fece un cenno di saluto con la coda. Lei tenne la porta aperta invitandolo ad entrare e lui saltò in piedi e trotterellò in cucina. Fece di corsa le due rampe di scale e attraversò il corridoio. Il dottor Bianco si fermò sulla porta della camera della ragazzina. Il suo viso era pallido, teneva gli occhi chiusi e non si muoveva. Il dottor Bianco saltò sul letto e si acciambellò vicino a lei; le toccò la mano con il nasetto umido, ma lei non si mosse. Continuò a leccarle la mano, di tanto in tanto, per farle capire che non era sola. Il mattino seguente, quando l'ispettore entrò nella stanza, vide il braccio di sua figlia intorno al cagnolino bianco.
Il cagnolino scodinzolava e la bambina aprì gli occhi e sorrise al papà. L'ispettore allungò una mano, accarezzò il cane e gli disse semplicemente: «Grazie.»

Nessuno ha mai contato le vite salvate dal tenero dottor Bianco, ma certo lavorò in ospedale ancora per molto, molto tempo. Si dice in giro che fu lo stesso ispettore a riportare la sua ciotola in cucina.
 
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