policoro
  Coppelia
 
Svanilda entrò nella piazza del paese in cerca di Franz, il suo ragazzo. Sembrava molto arrabbiata. Franz l'aveva corteggiata per circa un anno. Ogni giorno era passato da casa sua per prenderla e poi passeggiare con lei vicino al torrente, o danzare insieme alla festa del paese, o semplicemente per tenerle stretta la mano e giurarle eterno amore. Franz aveva ottenuto il consenso dei genitori della ragazza, i quali avevano fissato il giorno delle nozze: e questo giorno era arrivato. 
Il giorno prima Svanilda aveva aspettato Franz invano, perché lui non si era fatto vedere. Aveva invece incontrato una ragazza, che del resto non le era mai stata simpatica, la quale l'aveva fermata proprio per dirle che Franz aveva un nuovo amore. È la figlia del vecchio dottor Coppelius, le aveva detto la ragazza, è davvero bellissima. Tutti i ragazzi impazziscono per lei, ma il preferito sembra essere proprio il tuo Franz. Dapprima Svanilda scosse il capo e non volle crederle. Dopo tutto, era poco probabile che il fabbricante di giocattoli avesse improvvisamente acquisito una figlia, e oltretutto anche bella. Era un uomo, ripugnante e irascibile. Aveva sempre vissuto solo nella sua casa malandata nella piazza del villaggio. La gente del posto si teneva alla larga e raccontava storie raccapriccianti su ciò che accadeva in quella vecchia casa da cui provenivano suoni strani, scricchiolii e colpi di martello a tutte le ore del giorno e della notte. Ma quella sera, quando Franz non era ancora arrivato, Svanilda decise di andare a vedere come stavano le cose. Si fermò dietro uno degli alberi che circondavano la piazza e guardò verso le finestre di casa del vecchio. Era proprio vero. Là, bene in vista, c'era una ragazza, pallida in viso, con lunghi capelli neri. Aveva il capo inclinato, come stesse ricamando, e doveva essere veramente molto bella. Svanilda notò che molti giovani del villaggio passavano davanti alla finestra e salutavano la nuova arrivata. La ragazza girava il capo e sorrideva ogni volta con grazia, prima di tornare a ricamare. Poi Franz svoltò all'angolo e sostò a fissare verso la finestra. Questa volta la ragazza sollevò anche una mano e salutò mentre il giovane le sorrideva. Franz sembrava felicissimo e in risposta, prima di riprendere il cammino, le mandò dei baci. Infame pensò Svanilda rabbiosa. Se solo riesco a mettergli le mani addosso! Quanto a quella astuta creatura, se crede di rubarmi il mio Franz. E cominciò così a progettare una terribile vendetta. Svanilda si era allontanata di poco quando vide il dottor Coppelius che usciva di casa.
Chiuse la porta malandata, la serrò con una grande chiave d'ottone e si voltò per incamminarsi lungo la strada. Ma proprio allora due ragazzini che avevano svoltato l'angolo di corsa andarono a sbattergli contro, urtando il suo bastone da passeggio e facendolo così cadere. La grossa chiave fece un volo per aria, brillò al sole e cadde vicino ai piedi di Svanilda. Era così occupato a ritrovare il suo bastone che si dimenticò della chiave. Agitando minacciosamente il bastone urlò dietro ai ragazzi, poi se ne andò. Svanilda raccolse la chiave e la osservò pensierosa. Proprio in quel momento alcune sue amiche camminavano lungo la via chiacchierando tra loro: stavano sparlando della nuova arrivata. Dicevano che si chiamava Coppelia e che stava flirtando con tutti i loro fidanzati. Il tuo Franz è infedele come gli altri, le dissero, ma lei non ha occhi che per lui solo. Ma davvero esclamò Svanilda accigliata. Presto vedremo cosa fare. E attraversò svelta la piazza dirigendosi verso la casa della ragazza. Ma di lei ora non c'era traccia. Esci fuori, Coppelia. chiamò Svanilda e a lei fecero eco le altre ragazze. Ma non ci fu risposta. La casa restava buia e silenziosa. «Succede sempre così disse una ragazza. Lei sorride e saluta tutti i ragazzi, ma se noi la chiamiamo, lei non ci vuole neppure conoscere. Svanilda guardò la chiave che aveva in mano. Lei può anche non volerci conoscere, disse, ma io credo proprio che noi andremo a farle visita. E raccontò loro come aveva avuta la chiave di casa di Coppelius. Svanilda introdusse allora la chiave nella serratura. All'interno la casa era  malandata, buia e le imposte erano chiuse. E tu oseresti entrare sussurrò una ragazza con un po' di paura. Intendo dire, se hai udito cosa si racconta di quanto succede in quella casa. Bene, se voi avete paura, io non ne ho ribatté Svanilda.

In realtà si sentiva piuttosto agitata, ma amava Franz e non avrebbe rinunciato a lui senza lottare. Venite, disse mentre un raggio di sole penetrava nell'ombra polverosa. Alle ragazze un po' spaventate pareva che strane forme si appostassero negli angoli, immobili ma minacciose. Alcune di loro volevano tornare indietro, ma le più coraggiose le spingevano in avanti. Al piano superiore, fece segno Svanilda, la ragazza è di sopra e io voglio parlare con lei. In cima alle scale c'era un po' più di luce che proveniva dalla finestra con le mezze tendine dove stava seduta Coppelia. La luce del sole metteva in evidenza delle sagome in grandezza naturale: un Arlecchino, un Giocoliere, un Pierrot e molte altre. Tutte le figure erano immobili, braccia e gambe ferme in goffe posizioni. Cautamente, Svanilda allungò un dito e toccò il Giocoliere; questi si mosse di scatto, facendo sussultare e terrorizzando le ragazze.  Poi la figura tornò immobile. Svanilda la guardò più attentamente e vide una grande chiave inserita nel mezzo della schiena. La fece girare due volte e il Giocoliere cominciò a muoversi come un essere vivente, a balzare qua e là, ad afferrare palline di colori vivaci. «Ma come, sono solo grandi giocattoli meccanici,» disse stupita la ragazza. Poi le venne un sospetto e si mise a cercare intorno finché trovò un'alcova protetta da una tenda, la scostò e scoprì che lì dietro stava seduta l'incantevole Coppelia, zitta e ferma. Cercando sulla schiena, Svanilda vide un'altra chiave, la girò e, anche questa volta, la giovane cominciò a sorridere e si girò verso di lei. Come capirono che la loro rivale, causa di tante gelosie, era solo una bambola meccanica, tutte le altre ragazze cominciarono a ridere. E risero ancora di più pensando quanto fossero stati sciocchi i ragazzi, fantasticando su una grande bambola a cui mandavano sguardi e baci. Alla fine, risero tanto da diventare imprudenti; correvano dappertutto, caricando le altre bambole, finché tutte queste cominciarono a danzare, giocare e ad agitare le braccia. Poi, proprio quando il gioco era ormai sfuggito dalle loro mani, udirono un grido rabbioso e, voltandosi, videro il dottor Coppelius fermo sulla soglia di casa. Le ragazze smisero di ridere e rimasero impalate. Solo gli automi continuarono a muoversi a scatti, e a contrarre i loro arti meccanici, finché, finita la carica, si bloccarono. Per un lungo momento ci fu un silenzio irreale; poi Coppelius lanciò un urlo improvviso e corse fuori, muovendo il bastone. 
Le ragazze scapparono via, giù lungo la scala, squittendo impaurite come topi in un solaio. Rimase solo Svanilda, bloccata nel punto più lontano della stanza. Si guardò attorno poi si infilò nell'alcova di Coppelia e ne rinchiuse in fretta la cortina. L'uomo allora chiuse la porta e rientrò nel buio della sua casa borbottando. Accese una lampada e controllò se le sue bambole erano state danneggiate. Sembrava che non amasse la luce del giorno.Quando infine arrivò all'alcova, tirò indietro la cortina per vedere se c'era ancora la sua Coppelia. Avvicinandole la lampada si accorse che aveva la parrucca di traverso, allora gliela sistemò con cura. Ma prima che potesse esaminarla più attentamente, sentì un rumore vicino alla finestra. Spense allora la lampada e, silenzioso come un fantasma, si ritirò nel buio. Un attimo dopo la persiana si aprì cigolando e Franz scese dal davanzale nella camera. Credendosi solo, chiamò dolcemente Coppelia, e sussultò quando la voce del vecchio esclamò: Cosa avete a che fare con mia figlia, che vi porta qui come un ladro in casa mia. Colto in fallo, Franz poté dire solo la verità. Perdonatemi, dottore,» rispose il giovane, ho sbagliato, lo so, ma l'amore che provo per vostra figlia mi ha reso imprudente. Quindi voi amate mia figlia, è così La sua voce cambiò tono, si fece improvvisamente accondiscendente. Allora forse sarete contento di farmi un piccolo favore. Qualsiasi cosa chiediate rispose ansioso Franz. Allora sedetevi, giovanotto, disse il dottor Coppelius, «e datemi la prova di quanto vi stia a cuore mia figlia. Franz era felice di essere stato così ben accetto. Il vecchio riaccese la lampada, andò a prendere una bottiglia e offrì al giovane un bicchiere di vino. Franz notò appena che questo aveva uno strano sapore amaro. Forse il vecchio desiderava tanto trovare un marito per l'amata figliola, pensò il giovane speranzoso. A mano a mano che il pensiero gli entrava in testa, si sentiva sempre più stordito e confuso. Ebbe appena il tempo di capire che il vino era drogato prima che precipitasse, a testa in giù sulla tavola, in un sonno profondo. Ecco quale era il piccolo servizio per cui eri tanto volenteroso!» Il maligno gongolava sul sonno del povero Franz. «lo userò il tuo inutile spirito per dare vita alla mia adorata creatura!» Poi andò a tirar fuori da uno scaffale polveroso un enorme libro di magia, lo pose sul tavolo, lo aprì e cominciò a recitare con voce monotona uno dei sortilegi che conteneva. E mentre lo leggeva, muoveva in aria le mani ossute, come se tentasse di estrarre da Franz la forza del suo spirito vitale per passarlo alla bambola che aveva creato.  Gli parve che la magia si realizzasse! Mentre la guardava, gli sembrò infatti che Coppelia stesse come svegliandosi da un lungo sonno. In realtà la bambola era Svanilda, che si era travestita da Coppelia, coi suoi vestiti e la sua parrucca. Spostandosi con movimenti rigidi, si alzò dalla sedia e camminò per la camera. All'inizio seguì i comandi del vecchio Coppelius, ma poi, con grande sgomento di questi, sembrò acquistare una propria volontà. Cominciò a muoversi qua e là urtando contro preziosi giocattoli, rompendo loro braccia e gambe. Infine si mise a danzare, roteando per la camera, e ogni volta che si accostava a Franz si fermava per un attimo e lo scrollava energicamente, cercando di svegliarlo. Nella camera buia, piena d'ombre, il vecchio era disperato. Aveva fatto alla sua Coppelia il dono della vita, l'aveva trasformata da bambola meccanica in creatura vivente, e ora lei aveva perso completamente il controllo di se stessa. Franz si stava svegliando ed era ugualmente sbigottito nel vedere la delicata e tranquilla Coppelia comportarsi come una pazza. Girava ancora intorno, su se stessa... e poi crash! La lampada volò via e la luce si spense.  Qualcuno lo tirava per i piedi e lo spingeva giù dai gradini. Franz scese volentieri: ne aveva abbastanza della figlia del dottor CoppeliusIntanto il dottore tentava di riaccendere la lampada. Come si accese una debole luce, restò a guardare allibito una scena di assoluta desolazione: tutte le sue bambole erano state ridotte in pezzi. Ma finalmente Coppelia sembrò aver esaurito il potere di muoversi, e ora giaceva immobile sul pavimento dall'alcova. I suoi vestiti erano sparsi qua e là e aveva perso la parrucca; era comunque un modesto prezzo da pagare, pensò, per la pace e la quiete. Scuotendo la testa, perplesso, Coppelius giurò a se stesso che sarebbe rimasto fedele ai suoi automi, e non avrebbe mai più tentato di praticare la magia. Fuori, nella strada sempre più buia, Svanilda si affrettava verso casa insieme a Franz, ancora piuttosto confuso. Non era affatto sicuro di cosa lei stesse brontolando, o perché lei lo colpisse di tanto in tanto. Ma era molto felice di essersi liberato della strana e pazza Coppelia e di aver ritrovato il suo vecchio amore. Qualsiasi cosa egli avesse fatto, pensava che Svanilda lo avrebbe perdonato e dimenticato.
 
 
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