policoro
  Tomas la peste
 
Sei pestifero e disordinato, per caso? Ma no, sarai sicuramente tranquillissimo e ordinatissimo e attentissimo - beh, anche se non è così, non potresti comunque essere come Thomas, perché lui era il bambino più pestifero e disordinato di tutta l'Inghilterra. Thomas aveva una gran quantità di zie e di zii senza figli e con molti soldi, che gli avevano regalato un' arca di Noè, una fattoria, uno zoo, un cavallo a dondolo, una lavagna, un costume da pellirossa, poi soldatini, macchine, giochi, colori, libri, pesci rossi e - oh, tutto quello che un bambino potrebbe desiderare. E aveva una bellissima stanza grande con un pavimento verde e lucido dove teneva tutti i suoi giocattoli. Ma Thomas era cosi pestifero e cosi disordinato! La sua mamma era sconvolta. Non sapeva più che cosa fare. Un giorno Thomas le prese le forbici dalla borsa da lavoro e cercò di operare di appendicite il suo orsacchiotto di pezza. Gli strappò l'imbottitura di gommapiuma e lo ridusse in uno stato tale che il povero orso sarebbe stato buttato via, se la mamma di Thomas non si fosse commossa:

con la spazzola e la paletta raccolse tutta l'imbottitura sparsa in giro e lo ricucì per bene. «Ma perché combini tanti guai?» lo rimproverò. «Domani non ti lascerò giocare nella tua stanza: starai vicino a me, così potrò tenerti d'occhio.» Così il giorno dopo Thomas fu costretto a giocare in cucina, mentre la mamma scriveva delle lettere. Ma appena lei voltò gli occhi, Thomas mescolò lo zucchero con la farina e l'orzo con il tè, ruppe la caffettiera e rovesciò la bottiglia dell' aceto. «Oh Thomas, Thomas» esclamò la mamma «non ti vergogni?» Ma Thomas non si vergognava per niente, neanche un po'! Anzi, pensava di essere molto in gamba. Cercò di macinare i gessetti della lavagna nel temperamatite, per ottenere una polvere colorata che voleva usare per fare i fuochi di artificio. Ma non ci riuscì e allora lasciò tutta la polvere per terra e si mise a fare scarabocchi sulle illustrazioni dei suoi libri.

Poi staccò le gomme dalle macchinine e le mescolò con i cowboy e gli indiani e non riuscì più a rimetterle a posto. Naturalmente un bambino come Thomas non poteva andare a letto senza fare i capricci. Prima strillava che non voleva andarci, poi faceva il bagno, ma non si lavava le orecchie per bene e non puliva mai la vasca. E poi rompeva il pettine e perdeva lo spazzolino da denti e si strappava il pigiama. Ogni volta, regolarmente. Quando finalmente era a letto, addormentato, i suoi genitori erano completamente distrutti. «Dobbiamo fare assolutamente qualcosa» disse il papà di Thomas.  «Si, va bene» disse la mamma «ma che cosa? Abbiamo provato a sgridarlo, a non dargli più le caramelle, a prenderlo con le buone, e... a fargli complimenti quando è bravo, ma non è mai bravo, così non è servito a niente.


Abbiamo provato tutto.» Intanto nella stanza da letto di Thomas, buia e silenziosa, i suoi giocattoli si stavano svegliando e si tastavano i lividi con cautela, cercando di rimettersi a posto. C'era un gran fruscio e un gran bisbigliare! Il fattore cercava il suo gregge di pecore disperso  tra i mattoni di plastica, mentre il signor Noè e il guardiano dello zoo tentavano di rintracciare le loro - bestie, e un soldatino sbucava un po' irrigidito dalla vasca dei pesci rossi, scrollandosi l'acqua dal colbacco. Dalla libreria veniva uno strombazzare un po' stridulo: il piccolo elefante dello zoo era rimasto intrappolato sotto una vecchia macchina della polizia. Per fortuna il suo amico elefante di pezza riuscì a tirarlo fuori e lo aiutò a ritornare nella scatola di cartone in cui viveva lo zoo, insieme a una famiglia di fermagli, pezzi di plastilina e altre cianfrusaglie. «Dobbiamo assolutamente fare qualcosa» disse la mamma canguro mentre cercava il suo cucciolo tra i vestiti usati per le feste in maschera (alla fine lo trovò nella scatola dei colori). «Si, sono d'accordo, dobbiamo assolutamente fare qualcosa» disse il serpente di pezza «ma che cosa? on
 posso proprio aiutarvi.

Lui mi ha cavato un occhio, e siccome mi tira sempre su per la testa, anche quella mi si sta staccando.» «Sei fortunato» disse con amarezza un autobus di latta. «Lo sai che l'altro giorno mi ha usato come martello? La mia vernice se n'è andata quasi tutta! E pensare che ero di un rosso fiammante cosi bello.» «Beh, guardate me» disse il cavallo a dondolo. «Niente criniera, niente coda, niente staffe, niente di niente. Potrebbero chiamarmi un cavallo a pendolo, dopo tutti questi maltrattamenti. Sto proprio diventando pericoloso.» A sentire queste parole tutti annuirono solennemente. Nessun giocattolo vuole essere considerato pericoloso: è una cosa terribile. Ma era vero che i bulloni del cavallo a dondolo si erano ormai allentati e che era diventato difficile galoppargli in groppa senza cadere. Tutti conoscevano la sorte dei giocattoli pericolosi: appena un adulto si accorgeva delle loro condizioni, venivano immediatamente buttati via. Non facevi nemmeno in tempo a dire: «Pattumiera!» ed era già finita. 
Il signor Noè lanciò uno sguardo preoccupato al tetto della sua arca che era stato strappato da una parte, tanto che si vedevano i chiodi. L'autobus di latta si tastò l'ammaccatura tagliente, ricordo di quella volta che Thomas lo aveva afferrato per lanciarlo contro il gatto e invece lo aveva mandato a sbattere contro il caminetto. Ci fu un silenzio solenne, interrotto solo da qualche sternuto, perché i poveri giocattoli respiravano solo polvere, ormai. Infatti la stanza era talmente disordinata che era diventato impossibile pulirla.«Beh» disse alla fine il cavallo a dondolo, sollevando la testa con aria decisa «non mi piace dover ricorrere a certi mezzi, ma non possiamo continuare così. Non c'è niente da fare: dobbiamo rendergli pan per focaccia.» Thomas si svegliò nel bel mezzo della notte. Qualcosa lo stava graffiando. «Uffa!» disse. «Devo aver lasciato un giocattolo nel letto!» e frugò da tutte le parti finché non trovò un piccolo tacchino di latta. «È strano!» disse «non mi ricordavo di averci giocato, ultimamente!» Lo buttò fuori dal letto e richiuse gli occhi. Ma non riusciva ad addormentarsi. Gira e rigira, finiva sempre per urtare contro qualcosa di duro e aguzzo. Alla fine si alzò, accese la luce, mise sottosopra il letto e ci trovò tutti gli animali della fattoria con le loro piccole zampe appuntite: i maiali nelle federe, le pecore nelle lenzuola, le mucche nel copriletto, i tori nelle coperte, e galline, oche e lattaie dappertutto. Arrabbiatissimo, Thomas rovesciò gli animali sul pavimento e poi cercò di rifarsi il letto, ma proprio non ne era capace, e così passò una notte davvero molto scomoda. Alle sette e mezzo era già in piedi, vestito di tutto punto, anche se nessuno era venuto a chiamarlo. Non vedeva l'ora di allontanarsi da quel freddo e ostile groviglio di coperte e lenzuola. Cominciò a preparare le cose di scuola prima di fare colazione, così non ci sarebbe stata la solita corsa affannosa all'ultimo momento. (La maggior parte dei bambini sono costretti a fare una corsa affannosa all'ultimo momento, perché non si ricordano dove hanno messo le cose.

Ma a te non succede, naturalmente.) Dopo un po' corse in cucina dalla mamma. «Guarda il mio libro di scienze naturali!» gridò, mostrandoglielo tutto indignato.«Eh, si, è proprio malridotto» disse sua madre. «Ma tutti i tuoi libri sono cosi!» «Ma questo è un libro di scuola!» esclamò Thomas. «Non si può scarabocchiare sui libri di scuola. Non è permesso!»La mamma guardò il libro pio da vicino. «Sei stato tu, caro» disse tranquillamente. «Con i tuoi pastelli colorati.» «Invece no, non sono stato io!» gridò Thomas, quasi in lacrime. «Adesso basta, Thomas» disse sua madre, posando la brocca del latte sul tavolo e voltandosi verso di lui. «Lo so che sei pestifero e disordinato, ma sei  sempre stato un bambino sincero. Né io né tuo padre abbiamo scarabocchiato sul tuo libro. C'è solo una persona che può averlo fatto, non ti pare? Adesso siediti e fai colazione. Non voglio mai più sentirti dire una bugia!» Thomas aprì la bocca, ma poi, guardando la faccia della mamma, insolitamente severa, cambiò idea e la richiuse. Fece colazione senza dire una parola e senza dire una parola salì al piano di sopra per lavarsi i denti. Senza dire una parola fissò la fila di tubetti di dentricio vuoti. Senza dire una parola andò a prendere una bacinella e uno straccio per togliere il dentifricio dalla vasca da bagno, dal pavimento, dalle pareti e dalla porta. Qualcuno si era divertito a spalmarlo dappertutto. Thomas lavorò con impegno.Non voleva avere guai con suo padre, che tra poco sarebbe entrato in bagno per farsi la barba. E finalmente Thomas si precipitò nell'ingresso per prepararsi a uscire. Ma l'attimo successivo sua madre sentì un altro urlo. «Non me la posso mettere così!» «Che cos' altro è successo, caro?» «Sulla mia giacca non ci sono più i bottoni!» «Che sciocchezza, non possono essere scomparsi tutti contemporaneamente!» «Ma è vero! Guarda!» «Hai ragione! Non ce n'è più neanche uno» disse la mamma, stupita. «Ma perché l'hai fatto? Li hai tagliati tutti! Beh, adesso non faccio in tempo a ricucirli, dovrai andare a scuola così. Non capisco che cosa ti sia saltato in mente, Thomas!

Dovrò nascondere tutte le forbici di casa. Ma possibile che tu sia così sciocco!» «Ascoltami!» gridò Thomas disperato. «Non...sono... stato... Io!.» «Thomas! Ricordati quello che ti ho detto» lo avverti la mamma. «Essere disordinati è una cosa. Dire le bugie è un' altra.» «Ma davvero non riesci a capire? DEVONO PER FORZA ESSERE STATI I GIOCATTOLI! Ci sono solamente loro in questa casa, oltre a voi e a me!» «Beh, se davvero sono stati i giocattoli, non me la sentirei proprio di rimproverarli, visto come li tratti! Adesso spero capirai che effetto fa essere trattati così male. Forse ti servirà da lezione!» E non ci crederete, ma fu proprio così! Una cosa incredibile - tutti se ne accorsero. Perché Thomas diventò molto meno pestifero e molto meno disordinato... anche se non cambiò proprio del tutto, si capisce. E qualche volta, quando guardava i suoi giocattoli, gli sembrava che avessero una strana espressione sulla faccia, come se la sapessero più lunga di lui. Ma naturalmente questo è impossibile, no?
 
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