policoro
  Il bambino che discuteva sempre
 
Questa è la storia di un bambino che discuteva sempre. E questo è il mio modo di raccontarvela. C'era una volta un bambino che aveva nove sorelle più grandi di lui. Loro erano tante e lui era uno solo, ed è per questo che discuteva sempre. Un giorno ebbe una tale discussione con le sue sorelle che decise di partire per cercare fortuna. La mamma gli preparò dei panini fette di pane, burro e marmellata e li mise in una borsa. Lui la legò a un bastone e se lo mise sulle spalle è cosi che fanno le persone che vanno in cerca di fortuna e partì. C'era un tempo orribile. Diluviava e la pioggia gli scendeva lungo il collo, giti per la schiena, e usciva dal fondo dei jeans. I panini diventarono una specie di pappa, e mentre camminava le scarpe facevano cic ciac

Finalmente arrivò a una casa, e decise di bussare alla porta e di chiedere se poteva passare la notte all' asciutto. Posso dormire qui? chiese alla signora. No, mi dispiace. Ma sono bagnato fradicio disse lui, pronto a cominciare una discussione. Lo vedo, povero piccolo disse la signora. Ma non abbiamo posto. Come, non avete posto! disse il bambino. Avete una casa intera. Lo so, ma è piena di gente. Sai che ti dico: ti darò un po' di minestra calda per farti sentire meglio. Ce n'è tanta sul fuoco. Non voglio la minestra calda. Voglio dormire qui disse il bambino, in tono sgarbato. Proprio in quel momento si affacciò alla porta il marito della signora. Tutto bene? disse. Sta cercando di venderti un' aspirapolvere, vero? Vuole dormire qui disse la signora. Gli ho già detto che non abbiamo posto. Certo che non abbiamo posto» disse l'uomo. Abbiamo fatto una grande festa e c'è gente che dorme dappertutto. Non possono dormire dappertutto. Deve esserci un po' di posto disse il bambino che discuteva sempre, mentre le sue scarpe facevano cic ciac. Non abbiamo neanche un buco» disse ancora l'uomo. Ma forse. E a questo punto si mise a bisbigliare qualche cosa all'orecchio della donna. Oooh! esclamò la donna. Non lo farebbe mai! Si che lo farei! disse il bambino. Discuteva solo per il gusto di discutere, come sempre. Bzz, bzz, sibilò l'uomo. Oooh! Si spaventerebbe a morte! disse la donna. Non è vero! disse il bambino. Ci teneva ad avere sempre l'ultima parola, in una discussione. Bzz, bzz, fece l'uomo. E questa volta la donna disse: Beh, puoi provare a dirglielo, ma poi non è colpa mia se l'Orchetto lo prende. Allora l'uomo disse al bambino: Vedi, le cose stanno così. Abbiamo una casa, qui accanto, ma non ci va mai nessuno per paura dell'Orchetto Rosso. L'Orchetto Rosso? Che cos'è? Mah, è una specie di gnomo, molto feroce e sempre di malumore. Forse è meglio che tu non ci vada.
 

Ci andrò disse il bambino. Lo sapevo disse l'uomo. E gli diede la chiave. Dentro la casa si stava all' asciutto, ma c'era tantissima polvere. Nessuno l'aveva spazzata per anni e anni, tanta era la paura dell'Orchetto Rosso. Lì il bambino trovò una catasta di legna e accese il fuoco con dei fiammiferi che stavano sulla mensola. Ben presto la legna si mise a crepitare allegramente. Allora si tolse gli stivali, stese i vestiti sul pavimento per farli asciugare e si sdraiò sul letto, nell' angolo della stanza. La luce tremolante del fuoco e il vapore caldo che saliva dai vestiti e dagli stivali gli avevano fatto venire un gran sonno. Si stava quasi addormentando, quando una voce disse: Sto arrivando!. Il bambino non ci fece caso. Dopo un po' la voce si fece sentire di nuovo, più forte: STO ARRIVANDO!. Ma anche questa volta lui non ci fece caso. Un attimo dopo, la voce gridò per la terza volta: STO ARRIVANDO!. Allora il bambino si alzò a sedere sul letto ed esclamò: Se stai arrivando sul serio, sbrigati, oppure stai zitto». Dalla cappa del camino cadde un mucchietto di fuliggine. Poi caddero due uccelli morti che erano rimasti lì da chissà quanto tempo. Poi spuntò un piede rosso tutto bernoccoli, poi un altro, poi due gambe anche loro tutte bernoccoli, poi un omino rosso, stortignaccolo e tutto bernoccoli scese giù aggrappandosi ai mattoni del caminetto e fece un salto nella stanza. Ma sei solo un gamberetto!» disse il bambino. Dal rumore che facevi, credevo che fossi come minimo un gigante! Non ti permettere di parlarmi così!» disse l' omino. «lo sono l'Orchetto Rosso.» «Potresti anche essere un cavolfiore rosa, per quel che me ne importa» disse il bambino.

L' omino marciò verso la porta e la spalancò. Ai due lati della porta c'erano due uomini, e loro si che erano veramente dei giganti. «Abbiamo qualche problema» disse l'omino ai giganti. «Un bambino che discute. Forse avrò bisogno di voi.» Il primo si portò la mano alla fronte e fece il saluto militare. «Ci chiami quando vuole, signore.» «Lo faremo a fettine» disse il secondo. «Va bene» disse l'Orchetto Rosso. «Restate lì » E richiuse la porta. «Adesso hai paura?» disse al bambino. «Neanche un po'» disse il bambino. L'Orchetto Rosso lo guardò torvo, poi andò a grandi passi verso la cucina. «Seguimi!» gridò. «Perché dovrei?» disse il bambino.«Se non lo fai peggio per te» disse l'Orchetto Rosso. «Chi lo dice?» chiese il bambino. «Se non lo fai peggio per te» ripeté l'Orchetto Rosso, digrignando i denti e agitando la coda «perché sto per mostrarti una cosa molto interessante, e se non vieni, te ne pentirai.» Il bambino ci pensò un po' su, poi lo seguì. «Forse vengo» disse. L'Orchetto Rosso aprì una botola nel pavimento della cucina. Sotto c'erano delle scale che portavano a una cantina. «Scendi!» esclamò. «Perché dovrei?» chiese il bambino. «Scommetto che hai paura» disse l'Orchetto Rosso. «Non è vero!» rispose il bambino e scese le scale. ln in fondo c'era un enorme scrigno. «Aprilo!» disse l'Orchetto Rosso. «Aprilo tu!» ribatté il bambino.

Sei veramente insopportabile» disse l'Orchetto Rosso. Mi sto stufando. E cominciò a sollevare il coperchio, ma lui era molto piccolo e lo scrigno era molto grande e il coperchio sembrava molto pesante. Il bambino, però, non fece nemmeno una mossa per aiutarlo. L'Orchetto Rosso cominciò a prendere a calci lo scrigno e a dare degli strattoni al coperchio, gridando al bambino: «Sei peggio di me!». Alla fine, dopo un calcio particolarmente vigoroso, il coperchio si spalancò e apparve un mucchio di monete d'oro scintillanti. «Ma a chi appartengono tutte queste monete?» domandò il bambino. «Sono mie, tutte mie» rispose l'Orchetto Rosso. «Non ci credo assolutamente» disse il bambino. «E invece è vero!» gridò l'Orchetto Rosso. «Ma te le regalo, se solo mi darai retta. Le regalo a te e alla famiglia che abita qui accanto.» «Non è vero» disse il bambino. «Dimmi dove le hai prese?» «Le ho rubate.» «E allora restituiscile.» «Non le posso più restituire. Le ho rubate secoli fa e sto cercando di restituirle da tanto tempo, ma quando le persone mi vedono scappano.» «Beh, io non c'entro niente. Non le voglio» disse il bambino, e cominciò a risalire le scale. «È una regola!» gridò l'Orchetto Rosso. «Le ho rubate a un essere umano e devo restituirle a un essere umano. Questa è la regola!» . Il bambino si fermò e si mise a pensare, mentre l'Orchetto Rosso agitava la coda come un gatto arrabbiato. Poi disse: «Va bene, se è una regola, è diverso, allora le prendo». «Meno male» disse l'Orchetto Rosso. «Adesso lasciami andare. Finalmente avrò un po' di pace anch'io.» Salì di corsa su per le scale e quando il bambino entrò nella stanza fece appena in tempo a vedere i piedi rossi e bernoccoli che scomparivano su per la cappa del caminetto. «Chissà se i giganti sono ancora fuori della porta» disse, ma anche loro erano scomparsi.

La mattina dopo l'uomo e la donna della casa accanto andarono a vedere se il bambino stava bene e furono contenti di trovarlo ancora li e ancora più contenti e stupiti di trovare i soldi. Il bambino comprò quattro barattoli di vernice con la sua parte dei soldi e dipinse la casetta di bianco e di giallo per poterci abitare. 
Dopo un po' di tempo chiese alla figlia dei suoi vicini di sposarlo e quando lei disse di no, lui naturalmente cominciò subito a discutere. Ma lei disse: «Se discuti con me, non ti rivolgerò mai più la parola. Chiedimelo di nuovo tra un anno, e senza discutere mai, neanche una volta, da adesso ad allora». E l'anno dopo lei disse di sì. Ebbero dodici bambini, sei maschi e sei femmine. E nessuno dei bambini ebbe mai voglia di fare una discussione, neanche per scoprire da dove era venuto quello scrigno pieno di monete. Chicchirichi La mia storia finisce qui.
 
 
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