policoro
  Cenerentola
 

L’interpretazione della fiaba di Cenerentola Cenerentola, come sostiene l’autore, è la sguattera che rovista, si rivolta nella polvere, una servetta insignificante e sudicia. Questo nome è più che impreciso, infatti descrive solo il lato esteriore della natura della fanciulla; conta molto di più ciò che lei veramente è, la sua interiorità. Il miracolo della sua vitaconsiste nel non perdere mai il senso della propria dignità, anche nella disgrazia; nel non rinunciare di fronte alla forza, che può apparire schiacciante, delle resistenze opposte dal mondo esterno, al sogno, al desiderio di essere destinati e di meritare qualcosa di migliore, di regale. Proprio questo contrasto tra l’umiliazione esteriore e la vocazione interiore, tra il destino avverso e il desiderio, determina il nucleo della figura di Cenerentola. Questa fiaba è la storia di una fierezza invincibile, nonostante tutte le umiliazioni; è una tenace, paziente speranza nonostante tutte le privazioni. Cenerentola esprime un sentimento bruciante di un’inesprimibile ingiustizia cronica, che temporaneamente va sopportata ma che, nel profondo del cuore, la persona si rifiuta di accettare. Il personaggio di Cenerentola incarna il mistero di una persona che continua a credere nella propria grandezza, di essere speciale, perfino quando gli altri, con mille umiliazioni, cercano di annientare la sua superbia. Rappresenta un simbolo dell’incrollabilità di una nobiltà interiore che anela al proprio futuro. La fiaba di Cenerentola, secondo questa interpretazione, dà alle persone il coraggio di restare fedeli alle proprie aspettative, anche le più ardite, di continuare a credere fermamente nel valore e nell’unicità della propria vita; significa, quindi, credere nella confutabilità della “realtà” da parte delle favolose possibilità dell’esistenza. Secondo Drewermann questo sogno non è quello di poter diventare tutto quello che si vuole, se solo lo si desidera e si crede in se stessi; al contrario, la fiaba, in tutte le sue varianti, manifesta una differenza importantissima: essa non narra di un’ascesa al successo, al denaro e al potere per mezzo di un comportamento tenace e calcolatore, ma descrive l’erompere del vero Io in tutta la sua grandezza, bellezza, autenticità, reso possibile dalla scoperta e dall’approvazione da parte di un’altra persona. Essa non è espressione del sogno narcisistico di essere insuperabili o irresistibili ma, al contrario, tutto quanto descritto nella fiaba è ispirato a una speranza paziente e coraggiosa di un amore capace di vedere in profondità e comprendere il vero valore della persona. L’elezione è, quindi, il tema di Cenerentola, non l’autoaffermazione. Il dono consiste nella metamorfosi che rende visibile ciò che da sempre giace sul fondo ed era soltanto nascosto dalla cenere. Qui ritroviamo quel motivo fondamentale della fiaba che è quello di trasmettere sicurezza nel proprio futuro. Della fiaba di Cenerentola sono state proposte molteplici varianti. L’elemento che risalta nella versione dei fratelli Grimm è che la figura del padre si ritira sullo sfondo e, dal punto di vista psicologico, si pone il problema dell’esperienza vissuta da una bambina che cresce indifesa al fianco di un padre impotente, nell’ombra di una malevola matrigna e di due sorellastre. E’ per questo motivo che la fiaba parla soprattutto ai bambini costretti a crescere indesiderati, in situazioni che possono sembrare apparentemente normali e ordinate. Suggerisce come essi possano conservare, malgrado tutto, il loro desiderio d’amore, il loro valore e la loro speranza; è il segreto di questa fiaba, che vuole donare agli uomini il coraggio di restare fedeli ai propri desideri e di credere nel regno profondo che è nascosto in tutti noi. E’ per questo motivo che questa fiaba gode di tanta popolarità. Inoltre, essa ci dice che, nonostante tutte le contrarietà, un giorno riusciremo a realizzarci e a essere apprezzati per quello che siamo. Qui si può notare l’importanza del lieto fine che riesce a trasmettere l’ottimismo anche a chi vive in situazioni difficili. C'era una volta, in un paese lontano, un gentiluomo vedovo che viveva in una bella casa con la sua unica figlia. Egli donava alla sua adorata bambina qualsiasi cosa ella desiderasse: bei vestiti, un cucciolo, un cavallo. Tuttavia capiva che la piccola aveva bisogno delle cure di una madre. Così si risposò, scegliendo una donna che aveva due figlie giovani, le quali, egli sperava, sarebbero diventate compagne di giochi della sua bambina. Sfortunatamente, il buon uomo morì poco tempo dopo, ed allora la matrigna mostrò la sua vera natura. Era dura e fredda, e profondamente invidiosa della dolcezza e bontà della sua figliastra, perché queste qualità facevano per contrasto apparire le sue due figlie, Anastasia e Genoveffa, ancor più meschine e brutte. Le sorellastre andavano riccamente vestite, mentre la povera ragazza era costretta ad indossare un vestito semplice e grossolano, ed un grembiule, e a compiere in casa tutti i lavori più pesanti. Si alzava prima dell'alba, andava a prender l'acqua, accendeva il fuoco, cucinava, lavava e puliva i pavimenti. Quando aveva finito di sbrigare tutti i lavori, per riscaldarsi era solita sedersi vicino al camino accanto al carbone ed alla cenere. Perciò cominciarono a chiamarla Cenerentola. La matrigna e le sorellastre dormivano in belle stanze, mentre la piccola camera di Cenerentola era in soffitta, proprio sotto il tetto della casa, deve vivevano dozzine di topi. Nonostante tutto questo, Cenerentola rimase gentile e cortese, sognando che un bel giorno la felicità sarebbe arrivata.Fece amicizia con gli uccelli che la svegliavano tutte le mattine. Fece anche amicizia con i topi con cui divideva la soffitta, diede a ciascuno un nome, e cucì loro dei minuscoli vestiti e cappelli. I topi amavano Cenerentola e le erano grati, perchè talvolta li liberava da una trappola o li salvava da Lucifero, il malizioso gatto della matrigna. Ogni mattina, Cenerentola, preparava la colazione per tutti gli abitanti della casa: una scodella di latte per il gatto, un osso per il cane, avena per il suo vecchio cavallo, granoturco e frumento per le galline, le oche e le anitre del cortile. Poi portava al piano di sopra i vassoi della colazione per la matrigna e le sorellastre Anastasia e Genoveffa. Prendi questa roba da stirare e riportala entro un'ora" ordinava Genoveffa. "Non dimenticare il mio rammendo, e non impiegare tutto il giorno a finirlo!" la rimproverava Anastasia."Stendi il bucato e vai avanti col tuo lavoro" ordinava la matrigna "Batti il grande tappeto della sala, lava le finestre, pulisci la tappezzeria!"  "Si Genoveffa. Si Anastasia. Si mamma" rispondeva Cenerentola mettendosi al lavoro di buona lena. Dall'altra parte della città c'era il palazzo reale. Un giorno il re convocò il granduca Monocolao e gli disse: "E' tempo che il principe prenda moglie e si sistemi!"  "Ma vostra Maestà" rispose il duca " deve prima trovare una ragazza ed innamorarsi!"  "Hai ragione" ammise il re. "Daremo un ballo ed inviteremo tutte le fanciulle del reame. Dovrà per forza innamorarsi d'una di loro." Subito furono spediti gli inviti e il regale biglietto fu portato anche nella casa di Cenerentola.  "Un ballo! Un ballo! Andremo ad un ballo!" gridarono Anastasia e Genoveffa. "Anch'io sono invitata" disse Cenerentola. "C'è scritto: 'Per ordine del Re, ogni fanciulla dovrà partecipare!". Le sorellastre risero all'idea di Cenerentola che andava ad un ballo indossando il grembiule con una scopa in mano. Ma la matrigna, con un sorriso sornione, disse che Cenerentola sarebbe certamente potuta andare se avesse finito il suo lavoro e si fosse procurata un vestito decente da indossare.Se rise Anastasia Se sghignazzò Genoveffa. E venne il gran giorno. Fin dall'alba le sorellastre furono indaffarate a scegliere abiti, sottovesti ed ornamenti da mettere nei capelli, e non parlarono che del modo in cui si sarebbero vestite per il ballo. Nel frattempo Cenerentola fu tenuta più occupata del solito, perché dovette stirare le ampie gonne, sistemare le guarnizioni, annodare i nastri.  Quando venne la carrozza a prendere la matrigna e le sorellastre, Cenerentola non aveva avuto neppure avuto il tempo di prepararsi. "Bene" disse la matrigna. "Allora non verrai. Che peccato! Ma ci saranno altri balli!" Cenerentola salì tristemente le scale buie e si affacciò alla sua finestra illuminata dalla luna. E guardò mesta il palazzo lontano che risplendeva di luci. All'improvviso, una candela venne accesa alle sue spalle. Cenerentola si voltò, e vide un bellissimo vestito da sera. L'avevano cucito per lei gli uccelli ed i topi suoi amici, e lo avevano decorato con pezzi di nastro e perline che avevano trovato in giro per la casa. In men che non si dica, Cenerentola indossò il vestito e corse giù per le scale, gridando: 
"Per favore, aspettate, vengo anch'io!" Anastasia e Genoveffa si girarono: com'era bella! L'invidia le accecò e... "Le mie perle!" gridò una. "Il mio nastro!" urlò un'altra e strapparono il vestito di Cenerentola. Poi, soddisfatte se ne andarono. Disperata Cenerentola corse in giardino e singhiozzò:  "E' proprio inutile. Non c'è niente da fare!" Ma in quel momento da una nuvola di polvere di stelle uscì una donnina dalla faccia tonda, avvolta in un mantello con cappuccio. "Sciocchezze, figliola" disse con voce dolce. "Asciuga quelle lacrime: non vorrai andare al ballo in questo stato!".
Cenerentola smise di piangere e chiese:  "Chi siete?" "Sono la fata tua madrina e mi chiamo Smemorina" rispose lo strano personaggio. "Non abbiamo molto tempo a disposizione. Penso che per prima cosa tu abbia bisogno di una zucca."
Cenerentola non capì il motivo, ma obbedì e raccolse una grossa zucca. La fata agitò la sua bacchetta magica verso di essa, e cantò: "Salagadula, mencica bula, bibbidi-bobbidi-bu...." la zucca si alzò lentamente sul fusto, mentre i viticci arrotolandosi si trasformarono in ruote: in un attimo diventò una stupenda carrozza.  "Ora" disse la fata "abbiamo bisogno di alcuni topi". Quattro piccoli amici di Cenerentola si presentarono di corsa, ed ancora una volta la fata cantò le parole magiche mentre toccava i topi con la sua bacchetta. I topolini furono trasformati in quattro cavalli grigi pomellati che furono subito attaccati alla carrozza. Poi la fata trasformò il vecchio cavallo di Cenerentola in un superbo cocchiere ed il cane Tobia in un elegante valletto. "Ed ora tocca a te, mia cara" disse la fata Smemorina, toccando Cenerentola con la sua bacchetta. Il vestito strappato diventò uno splendido abito di seta e da sotto la gonna spuntarono delle deliziose scarpette di cristallo, le più belle del mondo. Cenerentola non riusciva a parlare per l'emozione. La fata allora spinse la carrozza e le raccomandò di non rimanere al ballo dopo la mezzanotte: se fosse rimasta un solo minuto di più, la carrozza sarebbe ridiventata una zucca, i cavalli topolini, il cocchiere un vecchio cavallo ed il valletto un cane, e lei stessa si sarebbe ritrovata vestita di stracci. Cenerentola promise e partì felice verso il palazzo reale. Quando arrivò, il ballo era già iniziato, e il principe, con aria un pò annoiata, stava facendo l'inchino alle duecentodecima e duecentoundicesima damigella: le brutte sorellastre Anastasia e Genoveffa. All'improvviso alzò lo sguardo e scorse all'ingresso la più bella fanciulla che avesse mai visto. Come trasognato piantò in asso le sorelle e si avvicinò a Cenerentola, la prese per mano e l'accompagnò nella grande sala, in mezzo a tutti. Per tutta la serata il figlio del re non ballò con nessun altra e non lasciò la sua mano un solo minuto. Le sorellastre e la matrigna non riconobbero Cenerentola e si rodevano d'invidia chiedendosi chi potesse essere la bella sconosciuta. 
Tutte le dame osservarono il suo abito e la sua pettinatura, e si ripromisero di copiarli il giorno seguente. Il vecchio re sorrideva soddisfatto: il principe aveva trovato la sposa dei suoi sogni. Passarono le ore. Quando l'orologio del palazzo cominciò a battere la mezzanotte, Cenerentola ricordò la promessa. 
"Devo andare" gridò spaventata e, liberando la sua mano da quella del principe, attraversò il palazzo e scese di corsa lo scalone, inseguita dal principe e dal granduca. Una scarpetta di cristallo le si sfilò correndo, ma lei non si fermò finché non fu in carrozza. L'orologio stava ancora battendo l'ora quando la carrozza lasciò il palazzo di gran carriera: mentre oltrepassava il cancello, risuonò il dodicesimo rintocco: carrozza, cavalli, tutto sparì ed al loro posto comparvero una zucca, alcuni topolini, un cane, un vecchio cavallo e una fanciulla vestita di stracci.Tutto ciò che rimaneva di quella magica serata era la scarpetta di cristallo che brillava al piede di Cenerentola. Il mattino seguente, il figlio del re comunicò al padre che avrebbe sposato solo la fanciulla che aveva perso la scarpetta al ballo.
Il granduca Monocolao fu incaricato di cercare la ragazza il cui piede entrasse perfettamente nella preziosa scarpetta. Il granduca provò la scarpetta a tutte le principesse, alle duchesse, alle marchese, a tutte le dame del regno, ma inutilmente. Arrivò infine a casa di Cenerentola. La matrigna tutta eccitata, corse a svegliare le sue pigre figlie. "Non abbiamo un minuto da perdere" gridò. "C'è la possibilità che una di voi diventi la sposa del principe, se riuscirà a calzare la scarpetta di cristallo!" e le mandò giù di corsa dal duca, con la raccomandazione "Non deludetemi"! Poi seguì Cenerentola, che era andata in camera sua per rendersi presentabile al duca, e la chiuse dentro a chiave. Nessun'altra doveva poter approfittare di un'occasione tanto fortunata. Quando Cenerentola udì lo scatto della serratura, capì, troppo tardi, cos'era accaduto. "Per favore, vi prego, fatemi uscire!" implorò girando inutilmente la maniglia. La matrigna si mise in tasca la chiave e se ne andò sogghignando. Non si accorse però che due topolini la seguivano, senza mai perdere di vista la tasca in cui aveva messo la chiave. Nel frattempo Anastasia e Genoveffa stavano discutendo sopra la scarpetta di cristallo, e ciascuna affermava che era sua. La matrigna le osservò con attenzione mentre cercavano senza successo di far entrare i loro piedoni nella minuscola scarpetta. Non si accorse che i due topolini le sfilavano silenziosamente la chiave dalla tasca e se la portavano via. Il granduca riprese la scarpetta alle due sorellastre immusonite e si avviò alla porta per andare nella casa seguente, quando Cenerentola, chiamò dalle scale:  "Per favore Vostra Grazia, aspettate! Posso provare la scarpetta?" La matrigna tentò di sbarrarle il passo."E' solo Cenerentola, la nostra sguattera." disse al duca, ma egli la spinse di lato.  "Signora, i miei ordini sono: ogni fanciulla del regno!" La malvagia matrigna tentò un ultimo trucco. Fece lo sgambetto al servitore del duca che reggeva su un cuscino la scarpetta di cristallo: la preziosa scarpina cadde per terra frantumandosi in mille pezzi. "Oh è terribile!" gridò il duca. Cosa dirà il Re? 
Allora Cenerentola mise la mano nella tasca del grembiule."Non preoccupatevi" disse "ho io l'altra scarpetta" Il duca gliela calzò, ed il piede naturalmente entrò senza fatica. Il quel momento apparve la fata Smemorina, che toccò Cenerentola con la bacchetta magica. E tutti poterono constatare che era proprio lei la bella sconosciuta che aveva conquistato il cuore del principe al ballo. Cenerentola fu accompagnata al palazzo reale con la carrozza del re. Là, fra grandi feste ed al suono di tutte le campane del reame, Cenerentola sposò il suo principe. E da quel giorno vissero felici e contenti.  

 
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